Riqualificazione isola archeologica del mosaico romano in piazza San Vitale. San Salvo
Il contesto
San Salvo è una città che porta nel suo costruito le tracce di un vissuto antico e moderno. Questo rapporto, di simbiosi o di contrasto, è direttamente leggibile nelle architetture del centro storico denominato il Quadrilatero. La simbiosi è evidente nella disposizione delle architetture che, ottocentesche o moderne, ricalcano la trama urbana con una disposizione nord-sud/est-ovest tipica del periodo romano. Il contrasto è nella convivenza fra edifici antichi e moderni. Simbiosi o contrasto sono anche alla base dei vari atteggiamenti susseguitisi nel tempo, nel recupero e nel restauro degli edifici presenti sulla piazza. Da una ricostruzione “in stile” basata sulla teoria del “com'era”, visibile nella ricostruzione della facciata della chiesa di S. Giuseppe negli anni '60, alla sostituzione di parti del tessuto urbano e alla loro reinterpretazione in chiave moderna come nella nuova Porta della Terra e nel Museo Civico Porta della Terra.
Meno diretta è la comprensione del rapporto quando riguarda edifici “finiti” e “non finiti”. I ruderi, venuti alla luce negli scavi degli anni '90, oggi sono leggibili solo come “non finito”, il relitto di un costruito che finito lo è stato e di cui oggi rimangono solo delle tracce. Questo rapporto diventa ancora più complesso quando il resto archeologico, come nel nostro caso, si trova a dover dialogare con la città che gli è cresciuta sopra e intorno. Fra archeologia e città si crea un rapporto spesso conflittuale che deve divenire sinergico. Il momento conoscitivo dello scavo si deve trasformare in un momento di valorizzazione della città.
Il centro storico di San Salvo conserva un segno forte della sua epoca romana nell'allineamento cardo-decumano di assi perpendicolari ben leggibile nel Quadrilatero. Segno persistente anche nella pavimentazione recente della piazza S.Vitale che non casualmente racchiude nella sua conformazione quadrangolare il Parco Archeologico. L'architettura della domus romana, ciò che ne rimane, i sistemi di pozzi, cisterne e acquedotto risalgono a recuperare il loro segno generatore e lo sottolineano nella città moderna.
Centro di vita della città, il Quadrilatero racchiude in sé i centri funzionali e i fulcri della identità cittadina: la chiesa di San Giuseppe, il Municipio, la piazza principale, il Parco Archeologico, il Museo della Porta della Terra. Questa vicinanza non si traduce in un'integrazione.
La salvaguardia del bene archeologico diviene parte di un progetto più complessivo, di attenzione alla qualità del vivere, rispetto alla quale l'archeologia deve saper conciliare la salvaguardia con gli interessi più generali della collettività.
L'intervento di miglioramento e valorizzazione del Parco Archeologico del Quadrilatero rappresenta un momento di valorizzazione dell'intera città.
La maggiore consapevolezza da parte della cittadinanza della propria storia, che passa anche attraverso la percezione dei resti archeologici come immagine del proprio quotidiano, permette di trasmettere un atteggiamento positivo e non di fastidio e non accettazione che è fondamentale alla divulgazione a fini turistici. Percepire il proprio passato come risorsa genera un atteggiamento di orgoglio, positivo e costruttivo, che porta a volerlo trasmettere all'esterno.
L'idea di progetto parte dal riconoscere la necessità di intrecciare un dialogo tra passato e futuro. I linguaggi diversi di tempo e spazio si sintonizzano su un sistema di segni che rende possibile il loro riconoscimento e il loro rispetto reciproco.
I segni generatori
I resti archeologici presenti nel Parco archeologico del Quadrilatero vengono collegati da segni che si sovrappongono al disegno della piazza esistente creando due piani d'uso, quello legato all'uso pubblico_religioso e quello culturale_turistico legato alla fruizione dei reperti e del Museo Civico. Il 'calpestare le tracce' del passato diventa uno strumento in grado di garantirne la conservazione.
Questi segni, fatti da lastre di acciaio cor-ten, generano dei percorsi.
Dal percorso principale, trasversale alla piazza S. Vitale, si dipartono altri percorsi lineari che collegano il padiglione alle altre presenze archeologiche.
Di questi due portano alle altre centralità archeologiche, l'Isola del Chiostro e il Museo Civico.
I percorsi si percepiscono anche come segno luminoso, contenendo le lastre in cor-ten anche le luci puntuali, che aiutano la valorizzazione della piazza anche di notte.
Il padiglione
La domus romana e il suo mosaico vengono protetti da uno scrigno di cristallo trasparente. Questo involucro, nella sua permeabilità visiva, non estranea la presenza archeologica dalla piazza, ma ne sottolinea la preziosità del contenuto e ne protegge il valore. Il mosaico diventa visibile da tutti i lati in modo da diventare non un reperto avulso dalla vita cittadina ma un elemento di essa. Passeggiando nella piazza lo si vede o intravede passando e fermandosi.
Il padiglione si riconosce come elemento moderno che non vuole ricostruire il passato ma valorizzarlo e renderlo evidente. Il rapporto tra antico e moderno non è celato ma sottolineato e sfruttato nella capacità del segno moderno minimale di far emergere il contrasto con l’elaborazione delle strutture antiche.
Dal punto di vista formale l’intervento è composto da pochi elementi che conferiscono un forte carattere all’intero edificio: una copertura in acciaio cor-ten, che sembra poggiare su due soli setti anch’essi rivestiti in acciaio pre-ossidato, e un volume trasparente che permette di guardare al suo interno e amplia lo spazio della piazza. I due setti, inoltre, delimitano un percorso coperto privilegiato da cui è possibile osservare il pavimento musivo e raggiungere la piazza. Uno scrigno, quindi, fatto di due materiali: il vetro che protegge senza celare e il cor-ten che con la sua patina “modernamente antica” non sovrasta visivamente i resti archeologici.