Nuovo Science Centre di Città della Scienza - Napoli
Progetto Menzionato
La più importante specificità del progetto di realizzazione del Nuovo Science Centre di Città della Scienza di Napoli è insita nel fatto che si tratta di un intervento di ricostruzione, determinato dalla vicenda drammatica dell'incendio. A distanza di 14 anni dalla realizzazione del museo e a più di 150 anni da quella dell'edificio produttivo originario, molto significativo nella vicenda industriale napoletana, lo sforzo ricostruttivo da compiersi non può corrispondere in alcun modo alla logica del come era, dove era. Si è quindi ritenuto necessario sviluppare una ricerca architettonica sperimentale, attraverso la quale sottolineare l'eccezionalità di questo edificio nella Città della Scienza e nella città di Napoli, perseguendo la realizzazione di una struttura identificabile, riconoscibile e caratterizzante.
Ciò non significa affatto che il nuovo edificio non debba contenere le tracce del suo passato, ivi comprese quelle legate all'evento drammatico dell'incendio del 2013: dentro la nuova macchina progettuale si è voluta determinare una dinamica analoga a quella di alcuni monumenti significativi di Napoli, divenuti rilevanti per la loro stratificazione e soprattutto per la loro capacità di contenere elementi preesistenti entro una nuova struttura.
Per affrontare compiutamente questo tema si è pensato di conservare l'idea strutturale, la trama dell'edificio preesistente come un sottofondo sul quale è stata sovrapposta una nuova struttura, che non è stata definita sulla base di una scansione ritmica, ma concentrandola in pochi elementi di sostegno, sui quali si appoggia una grande copertura, un edificio-tetto, che riconferma la direzionalità longitudinale del preesistente capannone e che però reinterpreta in una nuova configurazione. Al fine di realizzare inoltre un'area "simbolica" di memoria della tragica vicenda dell'incendio, si è pensato di integrare i resti significativi della testata sud all'interno del sistema globale, dal punto di vista compositivo, formale e strutturale, dando risalto ad un'immagine unitaria di preesistenza-contemporaneità attraverso il mantenimento di alcuni setti originari, per una contrapposizione efficace e esaltante con la nuova grande copertura.
In definitiva, in più punti, sia all'interno che all'esterno del nuovo edificio, saranno coinvolte le permanenze materiali del precedente Science Centre, compresi alcuni elementi e macchinari dell'edificio originario. In particolare si prevede il mantenimento della quinta muraria dell'avancorpo fronte mare del capannone incendiato, mediante il recupero dei resti dell'involucro murario di tufo e mattoni e di parti della copertura sopravvissuta. In questo modo l'edificio potrà costituire una testimonianza adeguata di un processo che dalla fabbrica borbonica, attraverso i diversi passaggi, si è sviluppato fino alla nuova configurazione proposta.
A questa interpretazione aperta e problematica del tema della stratificazione si associa un secondo aspetto di fondamentale importanza, che riguarda gli sviluppi urbani e paesaggistici, con particolare riferimento alla relazione tra gli spazi esterni e gli spazi interni dell'edificio. Il nuovo Science Centre è stato concepito come una serra, una struttura architettonicamente identificabile, che assume un senso preciso all'interno di una interpretazione dell'intera area come parco, inscindibilmente legato alla configurazione degli insediamenti lungo la costa e agli spazi verdi, rappresentandone un completamento necessario.
Sotto il profilo tipologico, si è lavorato allora alla costruzione di un grande spazio unitario (il vuoto di una serra), al di sotto della grande e articolata copertura, nel quale le molteplici funzioni da inserire hanno determinato una maglia porosa di ambienti aperti a due livelli e a tutt'altezza.
La realizzazione di un grande spazio unitario, nel quale si incontrano molteplici luoghi anche molto diversi, connessi da un sistema articolato di percorsi, che "attraversano" il grande vuoto, risulta particolarmente appropriato, al fine di organizzare al meglio i contenuti espositivi dello Science Centre, che si basano anche sull'evocazione di emozioni, sulla peculiarità e unicità della visita, su un apprendimento della conoscenza di carattere non formale: una macchina dove tutto è studiato, ma che garantisce ampie possibilità di selezione, di scelta, di realizzazione di una esperienza personale.
In questa ottica lo Science Center è stato concepito come uno spazio espositivo innovativo all'atto della realizzazione, che potrà essere rinnovato continuamente, applicando concretamente un'idea di flessibilità e di reversibilità come fattore di qualità.
Più che un edifico in senso tradizionalmente inteso, lo Science Centre è quindi stato ideato come uno spazio intermedio tra interno ed esterno, la cui riconoscibilità è affidata alla struttura reticolare dei dieci grandi piloni che sorreggono la copertura, elementi cavi e per certi versi anche essi disponibili, come l'edificio nel suo complesso, a molteplici usi. Tra i piloni corre un percorso sopraelevato, che attraversa l’interno consentendo nello stesso tempo una suggestiva vista del mare e della linea di costa.
Il progetto propone una nuova macchina articolata e complessa, in grado di rispondere a diverse e non sempre convergenti istanze: non si è trattato di inserire funzioni in un edificio preesistente come era avvenuto nella prima realizzazione, ma di concepire un involucro unitario, nel quale si sono stabilite precise e efficaci corrispondenze tra una grande e variegata articolazione degli spazi interni e l’inserimento in un paesaggio dai caratteri di pregio, compiuti e stratificati: una struttura nella quale gli spazi interni siano predisposti in maniera tale da ampliarsi all’esterno, nel grande scenario della costa napoletana. In questa ottica ha giocato un ruolo centrale il tema della costruzione di un grande prospetto “verso il mare”, che si aprisse verso il paesaggio, ma che allo stesso tempo potesse diventare un elemento del paesaggio, assumendo una specifica configurazione.
La grande copertura, per la sua conformazione, presenta l’opportunità non solo di dare particolare importanza ai prospetti, come nel caso del fronte mare che dialoga con quello sopravvissuto all’incendio, ma anche di contenere al suo interno alcune terrazze aperte sul paesaggio circostante, come conclusione ottimale del percorso scientifico e un ulteriore incremento di punti di affaccio sul mare e sulla costa. I prospetti sono stati quindi caratterizzati come la naturale prosecuzione del meccanismo della copertura e sono a questa logica sostanzialmente legati. In questo senso si configurano come elementi di raccordo e di sintesi tra la logica dell’edifico – tetto e quella dell’edificio serra. Agli ampi squarci vetrati disposti nella parte più bassa, si sono sovrapposte le ripiegature della lamiera forata della copertura, permettendo di ottenere una forte continuità tra spazi esterni ed interni. Al tempo stesso le parti vetrate sono state rigirate in copertura, ripiegandole internamente nei tagli profondi delle due terrazze di copertura.
La fitta foratura delle parti piene dei prospetti rappresenta un elemento di continuità rispetto al paesaggio: la massa della copertura è stata sottoposta ad un fitto lavoro di “intarsio” che ne ha rotto la compattezza, riportandola alla matrice formale del verde e del mare. Tale analogia su cui è imperniato sia il disegno del prospetto che quello della copertura trova un preciso riscontro nel posizionamento dello Science Centre, con la copertura ben visibile dalla collina di Posillipo, quasi come una quinta facciata fortemente interconnessa al paesaggio circostante.
Un' attenta graduazione dei differenti elementi di tamponamento, dalle grandi aperture vetrate alle aree in cui la luce filtra attraverso la foratura delle pareti in zinco titanio ha consentito di ottenere una illuminazione ottimale di tutti gli spazi dell'edificio. Anche il completo distacco della parete di tamponamento esterno rispetto ai solai intermedi interni potrà contribuire a realizzare questa particolare luminosità filtrata, favorita dall'introduzione di un elemento di connessione in vetro strutturale.