Dopo il '68, la disciplina architettonica ha subito una così forte devastazione culturale da renderla pressoché incomprensibile. Il sapere della Forma è stato invaso (al pari dell'alluvione del '66) dal sociale (la preminenza del funzionale sull'essenziale), dall'estetizzazione (la preminenza dello psicologico sull'ontologico), dal tecnicismo (la preminenza del pratico sul metafisico). Tutti contenuti - ma non sostituti - di Architettura. In più, ad aggravare le cose, la riforma universitaria del 3+2, la quale ha istituzionalizzato la deriva scientista, senza rendersi conto delle conseguenze disastrose per una disciplina umanista (e tecnica). Da queste premesse nasce l'esigenza e l'urgenza del presente saggio su "Architettura". Con due obiettivi principali. Il primo, riconoscere il carattere distruttivo del pensiero dominante nel quale - noi e la disciplina - siamo collocati: il nichilismo (tecnico-socio-scientifico). Secondo, aprire la riflessione a tutto l'orizzonte del sapere occidentale (dal pensiero greco fino al contemporaneo) per restituire ad "Architettura" l'unità minima conoscitiva che le è propria. Pensiero nichilista e pensiero occidentale predispongono quindi lo sfondo generale sul quale Architettura proietta il proprio sapere essenziale: quello "estetico". E già nel titolo riemergono le tre parole fondamentali di quel sapere: Daimon, l'originaria sorgente dello sguardo; theoria, la visione donante, inaugurante, fondante; eresia, l'inevitabile strappo...
Il daimon di architettura. Vol. 1/2/3
Rizzi Renato
Editore Mimesis
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