Centro Sportivo
The landscape of the project arises from a former dump through an operation that involves two levels of thought: subtraction of the present and elevation of the past. Subtraction of the present because the layers of waste were scraped away down to the original surface (oneiric stratification?) of the land.
Elevation of the past because after the work of removal (tens of thousands of cubic meters) of not only material but also theoretical residues, the future finish lines came to light along with the ancient Roman road layouts.
But the entire architectural process was fascinating not only because of the by the power of history, its archeological attraction, but above all it was charmed by the art, the power of mystery: its vast unconscious. Something like this occurred with the surrealist work of Marcel Duchamp - the “Great Glass” (1920), photographed in that celebrated image of Man Ray “Elevage de Poussière”.
Just as occurs for those strange flashes of intuition that come quickly alive upon sudden contact between a remote memory and an amorphous present, this is what happened with this work that gravitated the place (and the project) in the orbit of its own domain by opposing affinities.
Duchamp covered a thick panel of glass with silver amalgam covering intricate patterns made with fine lead wires. Then, patiently and laboriously, he began to scrape off the excess silver, until it was possible to slowly uncover an uncapturable space: that of fascination. This work, that can be interpreted as an acknowledgement and reconfirmation of the urban mystery, offers in advance a method for its use and an intonation to follow.
Il paesaggio del progetto nasce da una discarica attraverso un doppio movimento del pensiero: sottrazione del presente e sollevamento del passato. Sottrazione del presente perché si è raschiato lo strato di immondizie fino a liberare i diversi piani originali (le stratificazioni oniriche?) della campagna. Sollevamento del passato poiché in conseguenza di questo lavoro di asportazione (decine di migliaia metri cubi) di residui non solo materiali ma anche teorici, sono riaffiorate assieme agli antichi tracciati regolatori romani le future linee di traguardo.
Ma l’intero processo progettuale non è stato attratto unicamente dalla potenza della storia, dalla sua fascinazione archeologica, soprattutto è stato sedotto dall’arte, dalla potenza dell’enigma: il suo vasto inconscio. Qualcosa di simile è successo con l’opera surrealista di Marcel Duchamp - il “Grande Vetro” (1920), fissata in quella celebre immagine da Man Ray “Elevage de Poussière”.
Così come accade per quelle strane forme intuitive che si riaccendono subito vive per l’improvviso contatto tra una memoria remota ed un presente amorfo, così è accaduto con quest’opera che ha gravitato il luogo (ed il progetto) nell’orbita del proprio dominio per affinità opposte.
Duchamp aveva steso sopra uno spesso pannello di vetro dell’amalgama d’argento coprendo intricati disegni fatti con sottili fili di piombo. Poi, con pazienza e fatica, iniziò a grattare l’eccesso di argento, fino a far sollevare lentamente un incatturabile spazio: quello della fascinazione. Quest’opera, che può essere interpretata come una ricognizione e riaffermazione del mistero urbano, ha offerto in anticipo un metodo da usare ed una intonazione da seguire.