Dagli albori dell'alpinismo, il bivacco alpino è un luogo dove l’uomo entra in pieno contatto con la natura circostante. Un riparo che lo separa dalle condizioni avverse dell’ambiente esterno ma al tempo stesso gli permette di contemplarne la grandezza e la forza. Esso è oggetto inserito nella montagna, parte di un percorso che lo vede simultaneamente come meta e come luogo di passaggio e preparazione per proseguire il proprio cammino; nasce per offrire al visitatore un punto di vista privilegiato, alimentando la percezione dello straordinario paesaggio offerto dalle Dolomiti, un’architettura capace di suscitare la riflessione e l’amplificazione di un luogo affascinante e contemporaneamente sconvolgente per la sua maestosità.
L’opera che viene a delinearsi da questa riflessione è un volume sbozzato dalla natura, in modo da adattarsi alle sue specifiche caratteristiche. Nel caso particolare della Forcella Marmarole, esso si deve confrontare con un versante scosceso e con un consistente accumulo nevoso presente in gran parte dei mesi dell’anno.
Dal punto di vista compositivo la soluzione proposta si sviluppa longitudinalmente lungo l’asse visivo che collega l’area di installazione con l’insediamento di Auronzo di Cadore. Il progetto si identifica già dall'esterno come un cannocchiale puntato verso la valle, inquadrando la porzione più suggestiva del panorama circostante. Tale relazione viene ulteriormente enfatizzata attraverso l’organizzazione interna degli spazi che segue l’andamento fortemente inclinato del pendio, mettendo in collegamento la vista verso valle con il suo controcampo verso le vette retrostanti.
Lo sviluppo del progetto lungo il pendio viene sfruttato per ripensare la convivenza degli ospiti al suo interno: i diversi livelli dell’ambiente creano un’immediata gerarchia spaziale in base al proprio diverso grado di privacy. Il livello inferiore, più aperto, si affaccia direttamente sulla valle e si connota come ambiente di ritrovo e discussione. Lo spazio comune continua longitudinalmente in direzione opposta, indirizzandosi verso le cime retrostanti, attraverso diversi livelli che portano alle aree più intime, le nicchie che fungono da zona di riposo.
Il problema dell’accumulo nevoso viene risolto attraverso la sopraelevazione dell’intera opera rispetto al livello del suolo: questa soluzione permette, oltre a rendere facilmente accessibile il bivacco anche con la presenza di 2mt di neve, di generare un punto di vista sopraelevato rispetto al comune livello di calpestio, dando la sensazione al visitatore di trovarsi “sospeso” sul crinale della montagna.
L’edificio rifiuta volontariamente una mimesi materica con il contesto, rendendosi un elemento facilmente individuabile, per essere avvistato anche in condizioni critiche di scarsa visibilità.
Il rivestimento metallico, con finitura naturale, muta con il variare delle condizioni atmosferiche, in base all'esposizione alla luce e al susseguirsi delle stagioni: questo lo rende un elemento vivo, contaminato dal panorama circostante e dal suo cambiamento. Nei mesi invernali, con una forte presenza di neve, instaura un rapporto di differenza cromatica con il paesaggio circostante, diventando riconoscibile anche a grandi distanze. Durante l'estate diventa punto di riferimento grazie alla superficie che riflette sia la luce, rendendolo immediatamente individuabile lungo il percorso, sia le formazioni rocciose circostanti.