Il progetto ha affrontato uno dei compiti più difficili tra quelli che possono toccare all’architettura: dare forma allo spazio in cui la vita di un uomo giunge al termine.
Buona parte dell’edificio, legato alla vicina Casa di Riposo, è infatti dedicato interamente alla degenza di malati terminali, ai quali fornire un adeguato sostegno medico, psicologico e spirituale. La nuova costruzione ha risposto a questo tema concentrandosi sulla possibile amplificazione dei caratteri di tranquillità, familiarità e accoglienza percepibili dal malato e dalla sua famiglia.
All’esterno una scomposizione materica e figurativa del volume, di due piani fuori terra, tende infatti a negare un’eccessiva compattezza in favore di una maggiore articolazione delle parti, giocata sulla presenza di tettoie, sbalzi e sull’alternanza delle finiture. L’intonaco bianco si intervalla al mattone, richiamando i materiali tipici dell’edilizia tradizionale della zona, secondo tagli e matrici geometriche che alleggeriscono le prospettive. Una zoccolatura in pietra, materiale utilizzato anche negli interni, stacca l’edificio dal terreno.
La cura della dimensione percettiva del malato è evidente nel disegno delle finestre: i serramenti diventano infatti un dispositivo attraverso cui è possibile creare un dialogo silenzioso tra la condizione interna e il paesaggio. A questo fine la parte vetrata, scandita in fasce orizzontali e tripartita per un migliore utilizzo, inizia da una quota di 50 cm così da permettere la visione diretta della natura circostante anche dal letto.
Al piano terra si trova l’area dedicata alle cure intermedie (5 stanze doppie per lunghe degenze e funzioni correlate); al primo piano ci sono invece le 8 stanze singole dell’hospice dotate di un alto livello di privacy, servizi dedicati ai famigliari (poltrona-letto, ecc.) e ambienti di servizio.
Oltre ai necessari accorgimenti di carattere acustico, ergonomico e sanitario, il progetto ha rivolto grande attenzione al disegno degli spazi comuni, abitati dal malato e dalle famiglie: per questo sono stati creati spazi interni dal carattere domestico e spazi aperti protetti, come balconi e terrazze.
La scelta della gamma cromatica per le finiture interne è stata differenziata nelle varie zone (tonalità di verde a piano terra, di giallo al primo piano) ed è stata integrata con l’esposizione di cento scatti del fotografo Mauro Blini che portano in questi spazi alcuni frammenti visivi del territorio circostante.
A un’idea di struttura sanitaria come “macchina per curare”, il progetto ha cercato di opporre l’immagine e la sostanza di un rifugio protetto ma aperto sul paesaggio, un luogo in cui l’architettura possa contribuire, in ogni momento, a garantire la dignità dell’uomo.