Parrocchia San Giovanni Nepomuceno Neumann
In alcuni casi l’idea di un progetto è quella (velleitaria?) di dare identità alle persone attraverso i luoghi. Così, di una chiesa ci piace pensare che essa possa caratterizzare attraverso la sua sacralità un intero nucleo residenziale, un’intera borgata. Uno spazio più ampio di quello concernente la sola aula liturgica, un’architettura che inglobi tutte le funzioni necessarie allo svolgimento della parrocchia in un unico corpo.
Questo approccio ha determinato un grande apparato, tutto compreso in se stesso, dalla forte riconoscibilità di segno, e aperto ai fedeli in un abbraccio, cristallizzato nella forma di un colonnato asciutto. Nel contesto sociale e urbano in cui viviamo, dove gli unici luoghi d’aggregazione sono pensati come casi isolati, che non dialogano col contesto né tantomeno parlano alle persone, diviene ancora più importante progettare un complesso religioso che sia in grado di dare fiducia agli individui e alla loro possibilità di dialogo, che non aumenti il loro stato di smarrimento, se vogliamo anche di natura formale e simbolica.
Per questo abbiamo progettato, non solo una chiesa in senso stretto, ma un intero complesso parrocchiale, dalle linee familiari, laddove “complesso parrocchiale” significa un progetto culturale che si realizza attraverso un grande Sagrato, momento di confronto fra persone diverse e occasione locale per incontrarsi come su una nostalgica piazza. Un luogo, peraltro, dove è possibile officiare funzioni religiose, feste del patrono, ecc… una piazza vera, che si può rendere accessibile anche alle auto, per i matrimoni o per i funerali; un pezzo di città che si ricostruisce, un segnale in un posto poco identitario, ricordo di una concezione tipicamente italiana.
Sulla piazza come un tempo, torna a svolgersi la vita, ed esistono immacolati due simboli, il campanile e la croce, bussole che faranno vibrare la luce sulla finitura del pavimento oltre ad orientare i fedeli, e gli abitanti del quartiere tutto. Da qui, in un mondo di candore che si astrae dalla borgata, così caotica e così anonima, si accede ad un portico caratterizzato dalla verticalità, e poi, tramite una grande porta in legno alta sette metri incastonata in una vetrata color dell’ambra, all’aula liturgica. Essa si presenta nuda, non nel senso di scarna, ma costruita dall’onestà dei materiali naturali, perché niente, a parte i punti focali, distolga i fedeli.