Serpentone Reload
N.AV.E. Nuove Avventure Espressive
I partecipanti al workshop:
Sara Adesso, Federico Amato, Giorgia Botonico, Bernardo Bruno, Antonio Canosa, Simone Ilovetu Cortese, Giuseppe D'emilio, Simona Di Giovanni, Francesco Fazio, Michela Galletti, Serena Lorusso, Mariangela Meliante, Rocco Morrone, Carmen Peluso, Daniela Policriti, Lydia Postiglione, Mariangela Russo, Alberta Caterina Santagata, Chiara Terranova, Elenonora Vaccaro.
Cari amici,
in queste righe troverete degli appunti che raccolgono, in maniera molto informale, le considerazioni emerse in questi giorni dai ragionamenti rimbalzati tra di noi.
Condividiamo dubbi sull'opportunità di progettare e realizzare sistemi di allestimento e arredo nel parco della Nave, perché costituirebbero dei “fuori scala”: nell'accezione geometrica, rispetto alla mole della stessa Nave e degli edifici residenziali, giacché inevitabilmente troppo minuti, sparirebbero, non terrebbero il confronto con i giganti; nell'accezione simbolico-percettiva, perché funzionerebbero solo nella dimensione della prossimità, per nulla incidendo sulle relazioni tra il quartiere e le altre parti di città.
Piuttosto riteniamo più utile riversare il nostro contributo verso forme di attivazione di idee, opinioni, proposte, attenzioni che funzionino alla scala dell’intera città, portandovi gli sguardi e i passi di cittadini che altrimenti non vi giungerebbero. La formula è quella di un progetto-azione-evento, incisivo più sul piano della consapevolezza che della configurazione dello spazio. Questa, ci si augura, verrà in seguito, sfruttando il terreno di coltura fertile che questo workshop saprà generare.
Il progetto-azione-evento dovrebbe inoltre avere, secondo noi, carattere propriamente effimero. Questo perché non vi sarà modo di costruire relazioni con gli attori che vi abitano, tali da configurare un quadro chiaro e consapevole di attese e progettualità condivise. Il rischio sarebbe allora di far precipitare nel luogo l’ennesimo “oggetto” o “collezione di oggetti” non richiesti, che con buona probabilità innescherebbero i medesimi (sacrosanti?) meccanismi di rifiuto che già segnano l’attuale condizione. Ci pare un rischio troppo alto che non vorremmo correre, perché le conseguenze negative sarebbero tutte a carico degli abitanti.
Cosa fare allora?
Lavorare sul “quasi niente”, per produrre un forte scarto in termini di immaginario.
Aprire il campo a nuove interpretazioni dei luoghi che poi generino interventi di trasformazione perduranti nel tempo più lento della decantazione progressiva di queste e altre interpretazioni.
Discutendo tra di noi, è venuta fuori la questione dello stigma di cui soffre il quartiere e della necessità di occuparsi della identità come primo atto fondativo di una rigenerazione. La Nave, a sua volta vittima di una stigmatizzazione “interna”, ad opera degli stessi abitanti, ne è forse l’emblema. Occorre allora provare ad addomesticarla, a esorcizzarne la connotazione negativa, ricorrendo al gioco e all’ironia.
Come trasformare il punto di vista a partire dall’identità già presente senza avere la pretesa in pochi giorni di sostituire alle consuetudini attuali dei nuovi modi di chiamare le cose (pensate al tentativo commovente nella sua ingenuità, quanto drammatico, di cambiare identità al quartiere ZEN di Palermo, cambiandogli nome…).
Dunque Nave è, e Nave continui a essere.
Però la Nave oggi è arenata, incagliata. Perché non provare a metterla in un porto?
Il porto ci parla di effervescenza, fervore di attività, relazioni, andirivieni, voci, partenze e ritorni, amori, avventure, esplorazioni…
Il porto della Nave allora dovrebbe essere l’intero quartiere, che di conseguenza dovrebbe pullulare di navi e barche, tantissime, in arrivo e in partenza da chissà dove.
Da qui l’idea di attivare il luogo ricorrendo a un oggetto semplicissimo: la barchetta di carta.
La barchetta è un oggetto dalla familiarità disarmante e pressoché universale; chiunque e ovunque nel mondo, credo, vi avrà giocato almeno una volta o avrà insegnato a un figlio o a un fratello a costruirlo. Miniaturizzare la Nave è un modo per addomesticarla, farsela amica, renderla innocua, attraverso un gioco.
Migliaia di barchette animeranno il porto: barchette in file, più o meno ordinate, o in gruppi (come riunite in una mini regata!) giungeranno dalla scala mobile e da viale Tirreno; altre partiranno dai corpi scala delle abitazioni, sorprendendo con la loro insolita presenza i signori in uscita dagli androni, distogliendoli dalle loro faccende con l’invito a seguirle; nuvole di barchette ricopriranno, del tutto innocue, le automobili parcheggiate; altre si spingeranno sino al parco giochi dei bimbi, alle scuole e agli altri luoghi del quartiere… Tutte convergeranno presso la grande Nave.
Qui le barchette avranno anche un altro compito, quello di aiutarci a prefigurare le possibili vocazioni alla trasformazione dei diversi ambiti di cui si compone il parco pensile. Qui le barchette si daranno delle arie di attrici e si travestiranno di volta in volta da fiori (sospese un po’ sghembe su delle bacchette infilzate nel prato, simuleranno dei giardini fioriti), da playground (basta falciare l’erba in forma di rettangolo, costruire due mini porte di legno e segnare con file di barchette bianche la linea del centrocampo e si può iniziare la partita!), da percorso, indicando delle traiettorie interessanti da seguire nel prato; da pergola, disegnando nel cielo festoni appesi tra i muri della Nave dove questi sono molto alti… sono solo alcuni esempi, ovviamente! Le barchette di carta potranno anche essere coadiuvate da barchette-tatuaggio, realizzando degli stencil che punteggino gli spazi del quartiere (sul tema della grafica e dell’importanza del logo Nave torneremo tra poco).
Naturalmente, delle barchette galleggeranno nella fontana dove è tornata l’acqua: questa volta fuor di metafora!
Sarebbe bello chiedere alla gente di aiutarci a costruire le barchette. Durante le interviste dei primi giorni e poi anche in seguito si potrà fare un servizio di consegna porta-a-porta del kit barchetta: un foglio di istruzioni e dieci fogli A4. Ogni famiglia, se accetta il nostro invito, dovrà realizzare dieci barchette (anche di più, se vogliono!) e portarle con sé il giorno della festa finale per allestire tutti insieme il nostro nuovo porto!
Sui fogli i bambini di casa potranno anche fare dei disegni o chi vorrà potrà dare il proprio nome alla barchetta: avremo così delle barchette personalizzate, magari da ricercare poi nel “porto” tra tutte le altre, ingaggiando una caccia al tesoro!
Le barchette dovrebbero essere di diverse dimensioni, da 20 cm a 1 m di lunghezza, ricorrendo alle dimensioni dei fogli standard. Quelle più grandi potranno avere degli optional, come bandiere cui affidare messaggi, se si vuole. Si diceva oggi di valutare la possibilità di costruirle anche con materiali diversi dalla carta nel caso si vogliano utilizzare per scopi diversi…
A ciò si aggiunge un altro tema: la stiva della Nave!
Ci sembra incredibile che quello spazio si debba utilizzare come rimessa: forse è quello spazio il vero volano del quartiere, è una risorsa con un potenziale micidiale che sta lì in attesa.
In occasione dell’inaugurazione del porto, la Nave aprirà la sua stiva e ci mostrerà il suo carico.
Qui pensiamo che si potrebbe allestire una mostra di video installazioni che raccontino il quartiere e il workshop. Qui si apre un mondo di possibilità: ci piacerebbe che fossero gli stessi partecipanti al ws a immaginare una proposta curatoriale per questa instant-exhibition. Ad esempio si possono proiettare ritratti degli abitanti, testi (magari quello bellissimo di Gommalacca che si sposerebbe magnificamente con l’immaginario portuale che stiamo suggerendo… Gerardo e Sara ne sanno di più), fotografie di dettaglio e poi viste di insieme, confrontare lo sguardo dell’insider e quello dello straniero, far vedere il quartiere dal balcone o dalla finestra della cucina o del salotto (se ci pensate, i quartieri “difficili” non vengono mai mostrati dal di dentro, dalle case, da come li vedono gli abitanti per la maggior parte del tempo…) e così via…
E poi una stiva deve avere delle casse, è chiaro! Allora potremmo affidare ai partecipanti delle semplici cassette di legno o di plastica e chiedere loro di raccogliere indizi interessanti del quartiere, un personale inventario di oggetti, materiali, foglie e sassi o pezzi di asfalto o di ruggine, fiori e cartacce, ma anche disegni o fotografie, quel che vogliono per raccontare il quartiere.
Questa mostra di immagini e materia segnerà l’inaugurazione del centro d’arte NAVE, acronimo di Nuove Avventure Espressive o che so altro (l’ho pensato mentre lo scrivo, di getto, credo abbiate idee migliori!), che avrà il suo logo e la sua grafica e vivrà delle iniziative che da qui in avanti vi avranno luogo, alcune, mi diceva Gerardo, già programmate, come la mostra Halprin (un enorme onore per noi e anche Mr. Halprin sarebbe entusiasta della location, ne sono certa!) e altre performance coreutiche.
Servirebbero circa 10.000 barchette. Per fare una barchetta, quando si sa come fare, ci vogliono non più di due minuti… con la forza lavoro di tutti noi, dei partecipanti, degli abitanti, delle scuole, dovremmo farcela: un’opera collettiva nel senso pieno del termine!
W LA N.AV.E.