La scuola è costruita in un'area un tempo occupata dalla palude di Vipiteno. Oggi la palude è stata bonificata ma il livello della falda freatica è solo qualche centimetro sotto quello dei prati. Per evitarne l'abbassamento che avrebbe provocato una spinta compensativa nell'area della vicina parrocchia è stato scelto un edificio che non affonda nella terra, ma che galleggia sui prati, apparentemente senza peso.
La scuola non emerge rispetto ai monumenti dell’intorno, ha l'altezza del portico del cimitero e delle mura di cinta del vicino Castello della Commenda, è pensata come sfondo contro cui leggere la chiesa di Santa Elisabetta, la torre campanaria, la parrocchiale.
La complessità interna dell’edificio non si svela immediatamente all'esterno, un filtro composto da tronchi di larice privati della loro corteccia, disposti tra la zattera di appoggio ed il tetto, avvolge omogeneamente la scuola. Al variare del punto di vista e delle condizioni di luce l’articolazione interna diverrà visibile. Ad est, di fronte alle aule d’insegnamento, i tronchi mantengono la corteccia e si dispongono liberamente su più file a formare un bosco artificiale che filtra la luce del mattino.
Alla chiusura e semplicità dell’immagine esterna della scuola corrisponde all'interno una concatenazione di spazi che riproduce i complessi incastri volumetrici propri dell’architettura urbana sudtirolese e da vita ad una sorta di elementare “didattica spaziale”.