Villa a Corfù
Il terreno su cui doveva nascere il progetto di questa villa per vacanze estive offrì a L. Picone una buona opportunità di elaborare un progetto sulla base della movimentata orografia del suolo, sulla presenza di numerosi alberi di ulivo secolari ed di un immediato affaccio paesaggistico verso il mare. Il progetto, di seguito illustrato, è una felice soluzione per una casa‐vacanza, posta in un paesaggio spettacolare. L’accesso alla casa, trattato come una serie di
sorprese successive e non come una apparizione immediata, sottolineata da assi disimmetrici, evidenzia la distribuzione tipologica dell’edificio a prima vista.
Tutto si presenta equilibrato; si è guidati all’interno da un percorso che presenta varie alternative. Si gira un angolo, si passa da una zona a livello basso ad una ad un livello più alto. La grammatica è chiara e semplice anche se la complessità del disegno sembra indurre l’ospite a perdersi per qualche attimo.
La composizione possiede un’unità organica complessiva
dove lo spazio continuo acquista un valore qualitativo in contrasto all’aggregazione seriale e ripetitiva di piccoli ambienti dell’architettura. Rifacendosi a concetti noti di B. Zevi, si può ritenere che questa architettura, modulata secondo le esigenze dell’utenza, sia libera da ogni formalismo di simmetria, di semplici allineamenti e di rapporti tra pieni e vuoti.
Tutto ciò costituisce la matrice generatrice della composizione plano‐volumetrica dell’abitazione, concepita senza voler intaccare l’equilibrio del sito e sviluppando una continua tensione estetica. L’unica influenza sul progetto è data dalla presenza di grandi ulivi, che rappresentano la storia e l’identità dell’isola di Kerkyra e la memoria storica dei dettagli dell’architettura veneziana.
Elemento generatore della composizione è l’accostamento
di più volumi cilindrici, ognuno con una precisa funzione, derivanti dalla geometria pura, che si articolano su più livelli con centri su assi paralleli tra loro. Tale geometria può apparire libera, generata senza schemi. Essa, invece, risulta sottesa ad un rigoroso schema geometrico cartesiano,
talvolta ruotato, dove gli unici elementi di interruzione sono costituti dalle alberature che entrano, di fatto, a far parte della costruzione.
Oggi più che mai l’architettura di L. Picone può porsi
quale spunto e riferimento per la progettazione di luoghi in cui l’uomo può ritrovare un habitat accogliente, libero dalle costruzioni scatolari in cui è costretto a vivere in città. La sua organicità non è un fatto semplicistico legato alla presenza di vegetazione o alla dipendenza dalle forme
della natura, ma è nel suo mutare tensionalmente lo spazio come un organismo vivente. Tali tensioni, sia interne che esterne, sono dovute ai continui effetti di luci e di ombre, dove ogni parte è diversa dall’altra ma è anch’essa diversa da se stessa nel passaggio del tempo e nell’arco della giornata.
Bianchi volumi puri, semplicemente trattati con intonaco rustico sono raccordati da alte e strette vetrate. Luci e ombre configurano il fluido spazio interno. Il bianco delle superfici accentua i colori del paesaggio interrotto dalle linee colorate delle ringhiere e dei canali verticali per lo smaltimento delle acque meteoriche. All’interno colore e
design sono in equilibrio ineccepibile. Interno ed esterno sono intimamente legati dallo stesso trattamento parietale che accentua i colori, questa volta non del paesaggio, ma del colore del soffitto e della vegetazione riflessa dalle vetrate.