Nuovo complesso parrocchiale della Madonna del Carmine
Santa Maria la Carità
La fine della storia è riferibile solo in metafore,
giacchè si compie nel regno dei cieli, dove non esiste il tempo.
J.L. BORGES, i teologi
Uso di metafore, suggerito anche da San Tommaso nella Summa Theologiae, analogie e con un gesto progettuale estremamente sintetico, con un linguaggio laconico, ieratico, il complesso parrocchiale aspira a realizzare quella frattura nell’omogeneità del tempo profano che è propria di uno spazio sacro. Sacralizzare è la costruzione spaziale di un’eccezionalità, il ritagliarsi dall’accidentale, è far emergere nello “spazio indifferenziato” delle differenze. La chiesa dovrà apparire da lontano, costruire uno spazio che sappia recingere e proteggere ma anche liberare, mèta e insieme, ad un tempo, momento del pellegrinaggio.
Le geometrie disassate del suo impianto, come in una deposizione, formalizzano quest’aspirazione. Il progetto si struttura su due piani sovrapposti: il piano orizzontale, bianco; gli austeri volumi della chiesa e del salone avvolti dalle sfumature grigie del mattone di argilla del rivestimento. La chiesa è sollevata su un ideale basamento, uno stilobate, a sancirne il ruolo gerarchico nella ridefinizione delle relazioni spaziali con gli elementi del contesto ibrido che la circondano: un paesaggio fatto di piccole architetture, case isolate, serre, coltivazioni , “contaminato” dalla scomoda presenza della centrale elettrica, degli elettrodotti e “dominato” dalla presenza del Vesuvio.
L’architettura come meccanismo per la costruzione selettiva del ”paesaggio”, nel tentativo di utilizzarlo come uno degli elementi di strutturazione del progetto. Lo spazio è processionale, costruito dall’articolazione dello spazio orizzontale: il piano inclinato, lo specchio d’acqua e le giaciture dei volumi laconici della chiesa e del salone parrocchiale. Il sistema architettonico, escludendo dallo sguardo la fabbrica della centrale elettrica e la strada e dirigendolo verso lo spazio liturgico e verso l’immagine della Madonna, conclusione della sequenza visiva e punto focale sempre visibile dello spazio processionale, accompagna i fedeli al lungo sagrato rivolto verso i campi, verso Pompei, in un ideale dialogo con il suo Santuario, e verso il Vesuvio.
L’articolazione volumetrica del nuovo complesso parrocchiale e la sequenza processionale dei suoi spazi diventeranno nuovo elemento di misura e di ordine del “paesaggio”. L’essenzialità dell’architettura, i suoi volumi puri e misurati, alludono alle forme primarie dei santuari rinascimentali isolati nel paesaggio……. fra testo e contesto viene così stabilita una relazione conflittuale. Il primo tende ad assoggettare il secondo, è questo il senso del tempio al centro …del nostro “vuoto”. Un vuoto che raccoglie, accogliente, che raduna i fedeli. Arretrata rispetto alla strada, per chi percorre via Petraro, con il suo profondo scavo sull’acqua, la chiesa denuncia la sua spazialità interna e richiama i fedeli per riunirsi al di sotto della sua volta sospesa e squarciata dalla luce, metafora della presenza dello Spirito Santo.
Ekklhsia, Chiesa, è il riunirsi di coloro che sono chiamati (kalew), il ritrovarsi degli eletti . La chiesa si annuncia ai fedeli dal sagrato, una “piazza” dove incontrarsi, un’estensione all’aperto dello spazio per le celebrazioni che espone solo gli elementi basilari della sua funzione: un pavimento di pietra bianca, una lunga panca, il sedile in nicchia, l’albero di fico che, in asse con la porta scultorea in bronzo, segna sul piano orizzontale l’accesso all’aula liturgica.
Le forme pure delle architetture in pietra ne definiscono i limiti e i rapporti visuali con il paesaggio circostante. Dal sagrato si accede al salone parrocchiale: una forma pura, una massa quadrata scavata da un piccolo patio che ne accoglie l’ingresso; uno spazio “flessibile” dove poter svolgere le diverse attività collettive della comunità (ludiche, teatrali, assembleari) in rapporto visivo, per la sua giacitura e le sue generose vetrate, con lo spazio sacro dell’aula, con il sagrato e con il paesaggio. Un piccolo giardino, dove dimora un albero di limone, fa da fondale allo spazio del salone parrocchiale.
Il sedile in nicchia posto sul lato est del sagrato individua il sistema degli accessi alla corte ipogea e alle aule.
Il percorso affacciato sulla corte e al riparo del lungo muro bianco, “ l’addizione” che delimita il complesso sul lato est escludendo dallo sguardo l’area destinata a parcheggio, permette l’accesso al sistema ipogeo delle aule e della corte anche dalla strada dove una scala risolve la differenza di quota. La piccola hall collocata nella testata del corpo che ospita la sagrestia, l’ufficio del parroco e i servizi accoglie il sistema dei collegamenti verticali (scale e ascensori) e consente anche l’accesso al livello ipogeo direttamente dall’interno dell’aula liturgica.
Dal sagrato, una comoda e ampia cordonata permette l’accesso al chiostro alberato, memoria di architetture monastiche: l’elemento generatore della sequenza degli spazi delle aule. Tre alberi di arancio e due sedili in pietra ne strutturano lo spazio. Dal chiostro si accede alle aule che, disposte secondo una spirale quadrata, in una sequenza di spazi centripeti serviti da un “deambulatorio”, sono rivolte verso il chiostro alberato al quale si proiettano e a cui è possibile accedervi direttamente.
Lo spazio sarà percepito come unico, diaframmato da elementi mobili che all’occorrenza e in base al tipo di attività che ospiteranno, modificheranno la capacità spaziale delle aule e le possibilità del loro utilizzo.
La scelta di materiali “poveri”: tavolati di legno per i pavimenti, intonaci con finiture grezze per le pareti, luci calde, nella loro dimensione tattile e materica, restituiranno atmosfere di spazi conventuali, silenziosi, dove incontrarsi all’ombra della chiesa.
Sul sagrato i fedeli sono accolti dalla grande porta scultorea in bronzo che in occasioni particolari potrà essere completamente aperta, fondendo completamente lo “spazio pubblico” del sagrato con lo “spazio sacro” dell’aula.
Attraversata la grande porta di bronzo e il pronao “allagato”, allusione all’ipotesi della cripta invasa dalle acque della chiesa del San Sebastiano a Mantova di Leon Battista Alberti, si entra nello spazio sacro. Il piano d’acqua che si attraversa ne formalizza il limite, non il punto dove una cosa finisce, ma ciò a partire dal quale una cosa inizia la sua essenza , ponendo in essere e rendendo palese quella necessaria estrazione di un “luogo” dalla contiguità spaziale e dalla sequenza temporale che è propria della natura del sacro e del rito. La luce “orizzontale” del paramento diaframmato del pronao e la luce ”verticale” proveniente dalla camera di luce, riflettendosi sull’ acqua, enfatizzano il rapporto dialogico e assiale tra il fonte battesimale e l’effige mariana.
La cavità, l’intercapedine, lo scavo, la luce: questi i temi strutturanti la spazialità dell’aula. Il gesto primario di tendere una volta per accogliere i fedeli nella luce e nel silenzio…e nel silenzio è DIO.
La luce invade l’aula, recinge e delimita lo spazio liturgico, indica l’itinerario sacramentale. La luce è diffusa, astratta, morbida, variata solo nelle sue tonalità. La compressione spaziale generata dallo scarto dimensionale tra l’aula e i deambulatori ne fa percepire la presenza. Il presbiterio è stato riconfigurato per migliorare le relazioni e i movimenti che sono parte della celebrazione.
Il suo spazio è stato organizzato nel rispetto dei movimenti prestabiliti dalla messa. Leggermente sollevato rispetto al piano dell’aula a sottolinearne il ruolo gerarchico, vede l’altare in posizione preminente; l’ambone è dislocato verso l’ingresso ed è rivolto all’assemblea. Su lato opposto, illuminata zenitalmente, la custodia eucaristica scavata nella parete. I deambulatori circondano lo spazio dell’aula. La scelta di collocare le stazioni della Via Crucis come un piano sequenza nelle pareti della volta, con un gesto scultoreo di sottrazione che diventa ornamento e non decorazione, che è applicata, converte lo spazio di circolazione dei deambulatori in spazio di relazione e di celebrazione.
Lo spazio è centripeto, le sue forme tendono al centro, una costruzione spaziale tale da garantire la totale comunione tra il celebrante e la comunità dei fedeli…che lo spazio del tempio sia davvero avvertito come centro, non fisico o geografico, ma centro spirituale. Non vi è tempio se esso non si erge al centro: ogni tempio si fonda nel centro.
La monomatericità cromatica delle superfici della pavimentazione, dell’apparato liturgico, delle pareti e della volta accentua l’unità spaziale; da contrappunto la parete in alabastro della Cappella della Riconciliazione.
Il corpo più basso posto sul lato est che ospita la penitenzieria, la sagrestia, l’ufficio del parroco, i servizi, il sistema di collegamento per accedere alla casa canonica, alla copertura e consente anche l’accesso alle aule direttamente dall’aula liturgica, conclude la sequenza volumetrica del complesso parrocchiale.
La casa canonica è collocata al di sopra della Cappella della Riconciliazione.La casa andrà ad occupare “l’intercapedine” generata tra la parete est del volume dell’aula affacciata sul chiostro e quella del deambulatorio tangente la Cappella della Riconciliazione. Comunque la sua eventuale non realizzazione, per la sua ubicazione, non altererà in nessun modo la configurazione spaziale del complesso parrocchiale. Alla casa si accede, come già descritto, grazie alla scala che permetterà anche l’accesso al campanile e alla copertura dell’aula per gli interventi di manutenzione.
Lo spazio domestico si sviluppa in lunghezza con un meccanismo di concatenazione di spazi a doppia altezza intersecati diagonalmente che consentirà alla luce naturale di penetrare dall’alto, dilatando verticalmente lo spazio abitativo. Il primo livello è occupato dalla “zona giorno” raccolta attorno alla loggia che affaccia sul “chiostro” alberato ipogeo. Una scala introduce ad una sorta di promenade architecturale affacciata sullo spazio a doppia altezza del salone che conduce ai livelli superiori dove sono collocate le camere da letto con i relativi servizi e la biblioteca. Il patio intorno al quale si “agglutina” la casa sezione lo spazio diagonalmente.
Il piano orizzontale, il sistema piano inclinato_piano d’acqua_sagrato_ è stato concepito un plateau dal quale emerge il volume della chiesa che si relazione, in rapporto paratattico, con gli elementi architettonici e naturali disseminati sul piano orizzontale.
La superficie è unica, pavimentata con lastre di pietra calcarea bianca (il bianco di Trani), in continuità con la pavimentazione dell’aula liturgica. Alberi di arancio messi a dimora ad ombreggiare il sedile in nicchia che individua l’accesso al sistema ipogeo delle aule e del chiostro, un meccanismo di dissimulazione visiva della scala dell’elettrodotto; l’albero di fico a segnare, sul sagrato, l’accesso all’aula liturgica. La scelta degli agrumi, collocati anche nel chiostro ipogeo, motivata anche dalle loro caratteristiche: alberi spoglianti, che durante l’estate e nei mesi caldi, proteggono gli ambienti dalla radiazione solare, garantendola, di contro, nei mesi freddi, quando la chioma perde consistenza.
Il progetto dell’illuminazione mette in evidenza gli elementi del progetto architettonico disseminati sul piano orizzontale: la panca, il sedile in nicchia, gli alberi, la vasca d’acqua, e i volumi della chiesa e del salone parrocchiale. La luce è diffusa e misura l’invaso spaziale del sagrato.