LOVO
Progettazione e autocostruzione di un rifugio per il futuro albergo biodegradabile e temporaneo del PAMP, Parco Agricolo Multifunzionale dei Paduli (Primo Classificato)
L O V O è uno spazio. Uno spazio caldo. Uno spazio protetto. Uno spazio ritrovato. L O V O è anche una dimensione ma priva di geometria. Nessuna geometria ha ricavato la formula dell’uovo. Per il cerchio, la sfera c’è il pigreco, ma per la figura perfetta della vita non c’è quadratura. (Erri De Luca). Si tratta infatti di una dimensione incommensurabile nella quale l’uomo cerca e ri/trova la vita, compiendo una sorta di regressione alla fase embrionale. Ma compie questa “impresa” avendone coscienza e serbandone il ricordo futuro. L O V O è una dimensione uterina, fatta di soglie e atmosfere inedite che trascinano l’uomo verso un ritorno poetico all’origine della vita in comunione con la natura. E’ un percorso forzato eppur naturale a ritroso, di un ritorno a uno stadio prenatale nel quale immersi in un clima amniotico l’uomo e la donna si riscoprono al centro di un microcosmo rinascimentale in cui “l’inizio” prende forma e diviene tangibile. L O V O è l’uovo cosmico che è ovulo, che è utero, che è alcova, che è rifugio. Il progetto “nasce” quindi dalla volontà di ricostruire una spazialità archetipa ed emozionale nella quale l’uomo e la donna possano poeticamente consumare la loro origine al riparo dal mondo esterno. In questo senso L O V O è rifugio. È rifugio e riparo dalle caotiche circostanze esterne, perché al suo interno si condensa il senso più alto e vero della vita stessa. E come i due corpi nell’atto dell’amore si mescolano, le origini e la natura immensa pugliese allo stesso modo si diluiscono vicendevolmente in un’antica alchimia. Il grande parco dei Paduli in tutto questo recita una parte da protagonista. I suoi ulivi diventano, concettualmente ma anche fattivamente, le robuste radici alla base di questa presenza sfocata che è L O V O. Concepire infatti un intervento all’interno della maestà del parco dei Paduli non può prescindere dal considerare gli ulivi stessi all’origine del processo progettuale. L O V O si configura come una sorta di bolla stratificata innestata al di sotto delle chiome da attraversare e da scoprire. Si compone di due membrane, una più esterna, il guscio dell’uovo, bianchissima, apparentemente compatta ma in realtà fragilissima e permeabile e un’altra interna, separata da un diaframma libero, più densa e opaca, il tuorlo. È proprio questo “tuorlo” il cuore liquido del progetto, la dimensione spaziale e poetica ricercata. Al centro, è il tronco dell’ulivo l’appiglio terreno, il centro di gravità intorno al quale centrifugano le due membrane. La membrana esterna dell’ L O V O si realizza mediante una tenda fitta, le reti bianche per la raccolta delle olive, utilizzata abbondantemente nelle pratiche contadine. Collegate in sommità ad una struttura realizzata con canne comuni (arundo donax) assemblate a disegnare una circonferenza innestata all’altezza delle fronde dell’ulivo, arrivano fino a terra dove una struttura identica, per materiale e dimensione, a quella che si trova in sommità, fa da contrappeso, tenendo in tensione le reti così da segnare, con una barriera diafana, una soglia tra il dento e il fuori. Lo stesso meccanismo viene utilizzato nello spazio interno per sorreggere la tenda realizzata con le reti arancioni per la raccolta delle olive. È ancora una volta evocativo il senso dei due materiali utilizzati. Le reti per la raccolta delle olive, colgono ancora una volta il “frutto” e lo custodiscono e lo preservano dal contatto con la terra. È proprio in questa serie di sequenze concettuali, spaziali, di eventi e di azioni che risiede la banale concretezza e verità della proposta dove la ricerca della forma architettonica viene declinata in favore e in funzione di quella più potente della natura. La “stanza” interna vede sacchi di juta riempiti di paglia a formare una grande superfice morbida e lampade alimentate ad olio lampante ottenuto dalla molitura delle olive dei Paduli, a creare un’atmosfera piacevole ed evidentemente romantica. La proposta prevede la realizzazione di più nuclei di stanze così da creare all’interno dell’area destinata alle istallazioni una sorta di piccolo villaggio caratterizzato da percorrenze, tracciati di linee sinuose realizzati con sassi e pietre recuperati in loco. All’imbrunire, questi elementi si accendono dall’interno, liberando una luce torbida e calda divenendo vere e proprie lanterne nel territorio.