Muro con giardino e casa
C’è una parte di Posillipo aulica, elegante, con strade ampie, ville urbane, dimore nobiliari, pini e profumi di una Napoli che fu.
C’è una parte di Posillipo dove i palazzi- affastellati l’un l’altro o “raccolti” in parchi con pochi alberi, raggiungibili percorrendo vie con tante curve- hanno la forma di piccoli giganti che stirano il collo per vedere il mare.
Qui, dove si celano piccoli capolavori di architettura moderna- la città si è costruita tagliando la collina di tufo senza troppe storie e inerpicandosi su, dove l’aria è buona.
Al taglio del banco tufaceo corrispondono enormi muri di contenimento a separare piani posti a quote diverse: nei salti di quota si inseriscono gli edifici. Quelli più in alto vedono, prima dell’orizzonte, il tetto di quelli più in basso.
Il muro con giardino e casa sta a mezz’aria tra una strada di sopra e una di sotto, tra il cielo e il mare.
La casa ha un’ottima esposizione, è piena di luce. Il giardino ha un panorama mozzafiato: si vede da Castel dell’Ovo fino a Capri. E più in la.
La composizione interna mostra e nasconde: il percorso d’ingresso, ad altezza variabile, la dimensione delle finestre, propongono il paesaggio alla stregua di un’inquadratura, individuano una prospettiva, scoprono un punto di vista.
Una cornice magrittiana circoscrive la trasparenza: apertura su una scena naturale e antropica.
Questo gioco è l’esito del continuo confronto con il committente, con la sua esigenza, ineludibile, di tenere separate la parte familiare, intima della casa, da quella aperta, conviviale. Il carattere dell’ambiente domestico è diviso in due mondi abitativi: camminamenti, ingressi, stazioni, e poi aperture, attraversamenti, spazio.
L’ingresso ribassato, compresso, curvo, asseconda l’idea di disorientamento, di asimmetria fra due modi e possibilità dell’abitare, dentro il medesimo contesto. Il viaggio che conduce al disvelamento prospettico é un passaggio, un rito di passaggio, che rivela una duplicità immaginaria, da un lato il sistema vulcano- golfo, a prevalenza di blu, dall’altro il verde sospeso del giardino.
Il dispositivo progettuale dell’architettura, è la sospensione: tutto è aggrappato al muro.
Un piano verde, inclinato, connette il terrazzo con l’ultimo lembo di terra dove l’orto e l’agrumeto crescono cercando i raggi del sole, secondo le possibilità offerte dall’esposizione. Ortogonale al muro una guida di quarzite grigia separa la funzione strutturale del contenimento dalla poetica del giardino. Dieci sentinelle, contrafforti in cemento a faccia lista, svolgono il loro compito, di tenuta statica e dinamica, senza contraddire un episodio di disegno del vuoto, sorvegliando il piano vegetale.
Il contromuro è parte, fattore, elemento e sistema complesso. E’ linea e teoria di funzioni: seduta multipla, piccolo trono, vasca di terra, cucina esterna, doccia.
Il colore della fodera, volutamente mimetico, fatto di nuance, la sua apparente mimesi con il fondo grigio è ricercata per mettere in forma uno scarto tra visione diurna e visione notturna.
L’azione mimetica è, di nuovo, contraddetta di giorno dal verde e dai colori dei fiori, ma di notte la vegetazione si perde nel buio. La fodera, in apparenza puro intervallo, frontiera, confine assurge a un assoluto protagonismo. Il contrafforte sta in tutta la sua identità: giganti in piedi, attenti e vigili.
La machine a lumiere, puntuale e volutamente discreta, sottotono, consente alla città di illuminare il mondo domestico interiore, il mondo notturno della casa, la vita dei suoi abitanti.