Chiesa del Sacro Cuore e Centro Pastorale
Complesso Interparrocchiale a Baragalla, Reggio Emilia
Nel 2006 Davide Raffin è stato invitato a partecipare al Concorso di progettazione "Progetti Pilota", indetto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Il Progetto di concorso per l'area di Baragalla a Reggio Emilia, ha ricevuto il primo premio. Dal 2008 venne sviluppato il Progetto definitivo, poi Amministrativo ed infine esecutivo. Nel 2010 iniziarono i lavori, conclusi nel dicembre 2012. Nel 2013 la Chiesa e il Complesso saranno inaugurati. Oltre alla C.E.I., i Committenti sono la Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla, la Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, la Parrocchia del Preziosissimo Sangue di N.S.G.C. e la Parrocchia Immacolata Concezione – Reggio Emilia
Simbolico vs. Funzionale.
Dalle machine à habiter in poi il procedere degli architetti di fronte ad un tema progettuale libero da vincoli o stimoli di natura contestuale, si fonda, almeno nella fase preliminare ideativa del processo progettuale, sullo stretto rapporto tra forma e funzione, intesi rispettivamente come effetto e causa, a tal punto da sostenere con convinzione l’equazione: inutile o non-funzionale = brutto.
Se tale principio etico-estetico è indubbiamente valido per la progettazione legata all’abitare dell’uomo come per case, uffici, scuole, parcheggi e anche le stesse opere parrocchiali, non lo è certamente per l’architettura dello spazio liturgico per la quale la componente meramente funzionale si trova in uno stato di equilibrio se non addirittura in subordine rispetto alla matrice simbolico-spaziale che è parte fondamentale dell’azione liturgica.
Tale dialettica tra spazio funzionale e spazio simbolico è evidente già nell’organizzazione planimetrica del complesso parrocchiale del Sacro Cuore che si configura come un esteso edificio a doppia altezza di tipologia conventuale con un grande chiostro al centro segnato da un percorso ciclo-pedonale di accesso, che divide il quadrilatero in due corpi a “c” contrapposti: uno piu’ “terreno” e funzionale, raggruppa i luoghi dell’abitare e dell’aggregazione sociale (salone, aule e canonica), l’altro, rappresentante dei luoghi sacri, contiene l’aula liturgica dal forte carattere simbolico, la cappella feriale e la sagrestia. Sopra le due figure contrapposte, una pensilina continua funge da trait d’union.
Alterità.
L’architettura delle chiese nei secoli ha prodotto, in occidente, una innumerevole quantità di forme, senza mai eleggerne alcuna a forma ideale o canonica, perché la geometria dello spazio ecclesiale nella storia veniva accolta sempre nella misura in cui permetteva ad una celebrazione di esprimere più pienamente il suo dinamismo spontaneo. Nella progettazione di una chiesa contemporanea è necessario ricercare quei caratteri specifici, archetipici che contraddistinguono senza tempo lo spazio dell’edificio-chiesa a prescindere dalla forma architettonica. Uno di questi è l’alterità all’interno dello spazio liturgico di due diverse dimensioni. Cielo e terra, materiale e spirituale, visibile e invisibile, presenza e assenza, suggeriscono uno spazio non assoluto, non definitivo, ma di anticipazione e di passaggio. Questa frattura è sempre riconoscibile nello spazio liturgico, dalle chiese antiche (distinzione fra l’ordine inferiore percorribile e le aperture soprastanti) a Ronchamp (distacco apparente tra basamento murario e vela di copertura).
Nel Sacro Cuore la contrapposizione dialettica di queste due diverse dimensioni, è leggibile sia in pianta che in alzato. Al di sopra dell’aula liturgica si eleva una grande “cupola” prismatica, sospesa rispetto al basamento, che traduce in termini spaziali contemporanei, la tensione escatologica del già e il non ancora, presentando l’ambiguità di uno spazio chiaramente sospeso, visibile ma irraggiungibile. Sia all’esterno che all’interno dell’aula liturgica, il solido basamento in pietra ed intonaco, con il suo carattere materico stereotomico, mostra di appartenere alla terra. Al contrario la “leggera” scatola soprastante dall’evidente carattere tettonico-tessile, si presenta come struttura diafana e smaterializzata da sottili intagli verticali, priva di appoggi evidenti e appare sospesa in cielo, quale immagine eterea.
Il percorso.
Se sullo ziqqurat come anche sul tempio classico si “sale”, al contrario nella chiesa l’uomo “entra”. Emblematico è il caso del tempio di Atena a Siracusa). L’entrare in chiesa non è mai un entrare diretto né “indolore”, ma piuttosto è l’avvio di un processo simbolico, iniziatico, che comincia a produrre in chi vi entra un diverso sentire.
Così anche l’accesso principale all’aula liturgica del Sacro Cuore non è immediato, ma avviene tramite un processo di attraversamento dello spazio, un Raumdurchdringung, percorso continuamente mediato da gradini, cambi di direzione e pulsazioni spaziali, tutti ostacoli visuali e materiali che rendono il fedele estraneo al mondo profano precedente e a quello sacro dello spazio liturgico in una sorta di Purgatorio. La facciata della chiesa, come in molti esempi del passato, è un elemento indipendente dalla navata retrostante. Distaccata dal resto sia in pianta che in alzato, non è solo landmark urbano, segno riconoscibile da lontano, ma è soprattutto il primo elemento di separazione visiva tra spazio ordinario e sacro, barriera di origine apotropaica, poichè “…è necessario produrre una dialettica spaziale che attira perchè respinge...” (R.Tagliaferri). L’accogliente aula a tripla altezza è invece il luogo deputato alla riaggregazione che con il ritmo cadenzato dai tagli del volume sospeso, come le colonne di una navata, scandiscono il percorso iniziatico verso l’altare. Quest’ultimo è messo in risalto da una pioggia di luce proiettata dal lato orientale della “scatola” che si piega costituendo così il santuario, segno della presenza.
L’impianto liturgico.
La domanda della Diocesi di un impianto liturgico “bifocale” che derivi dalle antiche chiese siriache di origine sinagogale con ambone (bèma) al centro dell’assemblea introduce all’eterno dibattito ancora aperto: longitudinale vs. centrale, dimensioni espressive rispettivamente di una prospettiva iniziatica e di una polarità assembleare. In tal senso, questa tensione dialettica, non poteva essere vista come un ostacolo alla progettazione, ma come un punto di partenza, uno stimolo alla ricerca di un tipo liturgico-architettonico tale da rappresentare pienamente un esempio di quella auspicata “chiesa nuova” più volte citata nei documenti della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla.
La soluzione architettonico-liturgica consisteva nella sintesi tra due tipi di spazio: quello detto Communio Raum che, nel nome della pari dignità della Liturgia della Parola ed Eucaristica, pone i due fuochi , altare ed ambone, alle due estremità dell’aula, e quello basilicale direzionato del cammino iniziatico, che si conclude ad est con l’abside, il santuario, luogo della Liturgia Eucaristica, al cui centro si trova l’altare. Ne risulta un impianto bifocale ma direzionato: “E prima di tutto l’edificio sia allungato, impostato verso oriente..., simile a una nave”(C.a.,II,57,2s)
L’impianto geometrico della chiesa non è simmetrico, ma è impostato su due diversi assi longitudinali di simmetria parziale, derivanti dalla separazione dei due fuochi liturgici della Parola e dell’Eucarestia. Questo slittamento conferisce contemporaneamente allo spazio, dinamicità e ordine, come dinamico ma ordinato deve essere il rito liturgico. Questa dinamicità si riscontra anche in facciata, dove il corpo metallico di ingresso, spostato rispetto al centro, viene bilanciato dal traliccio di sostegno delle campane.