Riqualificazione del lato sud di piazza Sordello
Il progetto di riqualificazione del lato meridionale di piazza Sordello e di musealizzazione definitiva dei resti archeologici della Domus romana è occasione per la sperimentazione di un metodo in grado di comporre un progetto più ampio per la città storica e il paesaggio, in un’epoca dove il ruolo dell’architettura nel campo della produzione di parti di città appare principalmente concentrato sulla produzione di elementi simbolici facilmente spendibili sul piano della comunicazione, ma non sempre in grado di venire accettati e fatti propri dalla società del territorio ospite.
In questo senso, le scelte fondamentali di progetto rendono il territorio urbano un materiale producibile e governabile dal punto di vista dell’architettura, anche mediante l’esplorazione del rapporto tra estensione del luogo e dispositivi spaziali particolari e minimi.
L’alto valore storico/artistico della piazza e l’occasionalità del rinvenimento di un ulteriore livello del palinsesto urbano esprimono e radicalizzano una delle questioni da tempo presenti nella cultura architettonica contemporanea, vale a dire la capacità del fenomeno architettonico di costruire relazioni di senso entro una prospettiva temporale vasta. Nel progetto il significato di una riflessione sulle forme della storia come campo operativo dell’architettura si unisce alla possibilità di confrontarsi con il disegno dello spazio pubblico e con i modelli sociali che ne conseguono. Una riflessione che può essere condotta a partire dalla comprensione della progressiva distanza che si è originata tra il progetto dell’ambito pubblico e la tradizione del disegno urbano. Infatti, una delle caratteristiche essenziali della grande piazza sul piano del disegno della città è la sua dimensione e, quindi, il suo essere un potente dispositivo di produzione e di lettura dello spazio. Il suo ruolo consiste non sono nel carattere di eccezionalità o nella monumentalità di alcune sue componenti, ma anche nel suo essere un efficace meccanismo di semplificazione dello spazio, nel senso di una riduzione di quest’ultimo ad una struttura di relazioni evidenti organizzate dal vuoto.
Progettando un piccolo edificio dal carattere di servizio in un sito storico e archeologico ci poniamo in contrasto temporale con la rovina, facendone emergere la distanza e, quindi, misurando il tempo. Il nuovo Padiglione della Domus Romana ci parla del tempo lungo delle vestigia e il progetto diviene un sistema mediante il quale trovano rapporto di senso elementi tra loro eterogenei. Il progetto per l’archeologia tratta della gestione del ritmo del racconto, il passaggio tra uno spazio e l’altro, tra un tempo e l’altro in una storia dove il visitatore ha il compito attivo di comporre i frammenti, di individuare le tracce, di descrivere il percorso. Tale ricerca contiene la convinzione che, in un paese in cui l’archeologia è una presenza evidente e la sua domanda di accessibilità costante, risulta importante interpretare e cogliere le occasioni fornite dal quadro normativo rivolto alla gestione del patrimonio, seguendo, in questo modo, un orientamento europeo rappresentato da realtà nazionali dove la progettazione per l’archeologia registra alta qualità e sensibile sviluppo.
L’area d’intervento si attesta sul Percorso del Principe, itinerario storico/artistico che mette in relazione i luoghi più significativi e le presenze museali della città. L’esperienza diretta del territorio tramite percorsi pedonali è una strategia che appare in grado di rilevare e sciogliere alcuni nodi della situazione nazionale presente che vede sostituire alle varie forme di identità comune la cattiva prassi della gestione dello spazio pubblico urbano praticata per sottrazione e non per somma. Sottrazione del dominio pubblico, del ruolo rappresentativo degli edifici, del valore del tempo nella costruzione della città. La congestione urbana è spesso fatta di divieti e di negazioni, di privazioni, di occlusioni.
In questo senso, con un atteggiamento di segno opposto a quello del “progetto della grande opera”, la proposta si offre come un materiale producibile e governabile dal punto di vista dell’architettura, mediante l’esplorazione del rapporto tra estensione e dispositivi spaziali e monumentali. Esplorazione che bene può essere condotta lungo il percorso che da piazza Sordello, dove sorge il Palazzo Ducale, dimora dei Gonzaga dal 1328 e centro politico della città gonzaghesca, conduce a Palazzo Te, la villa suburbana che Federico II Gonzaga si fece costruire, a partire dal 1525, da Giulio Romano.