Iglù 2.0
Progetto per un bivacco alpino sostenibile
IDEA E QUESTIONI GENERALI
Il progetto per un piccolo bivacco alpino viene affrontato postulando la centralità del tema architettonico all’interno del processo ideativo. Risulta dunque necessario costruire logicamente l’idea fondamentale posta a presupposto del progetto stesso. Tale idea deve esprimere il fine stesso dell’architettura, la quale dovrebbe essere capace di mostrare la ragione per la quale è stata disegnata, ossia la sua natura.
Immaginare un rifugio per escursionisti da collocare lungo i sentieri alpini della Valle Camonica vuol dire pensare ad una architettura come momento di sosta e di riposo ed implica un ragionamento sul tema architettonico fondamentale del “ripararsi”. Quest’ultimo si potrebbe definire come l’atto di stare in una condizione di protezione, laddove il soggetto è colui che si ripara mentre l’oggetto è ciò che garantisce la protezione. Possiamo intendere il riparo come uno spazio delimitato da un recinto, quale limite fisico tra il luogo in cui l’atto del ripararsi prende corpo e l’ esterno. Il luogo protetto e sicuro è, nel caso del bivacco alpino, uno spazio caratterizzato dal comfort termico in quanto le situazioni da cui proteggersi sono rappresentate dalle basse temperature esterne e dal vento freddo. Il recinto, in quanto dispositivo atto a proteggere, oggetto del ripararsi, diviene dunque garante dell’isolamento termico.
Lo svolgimento del tema architettonico, la rappresentazione della condizione di protezione, viene completamente deputata al recinto, alle proporzioni che gli si attribuiscono e ai materiali con cui lo si costruisce, alla sua tecnologia e al suo carattere. Potremmo, sintetizzando all’estremo i termini del ragionamento, sostenere che il progetto del rifugio, secondo questa lettura, inizia e si conclude nel progetto di un muro.
Il progetto stesso, posta la centralità del problema termico, diviene per prima cosa una questione di ordine tecnologico.
La ricerca tecnologica contemporanea offre tutta una serie di tipologie di pareti capaci di garantire l’isolamento termico. Si decide tuttavia di operare una scelta nella direzione della sostenibilità (ambientale, economica e sociale) attingendo al patrimonio delle soluzioni tecniche proprio dell’architettura tradizionale, la cosiddetta architettura senza architetti. Ci si rivolge così ad un universo di soluzioni tecnologiche, organizzative e costruttive fondato sull’utilità e sulla bellezza propria del necessario.
Le popolazioni Inuit, originarie del Nord del Canada, hanno costruito per secoli i loro rifugi nelle pianure innevate, sfruttando le caratteristiche di isolamento termico proprie della neve. Gli iglù sono, dal punto di vista termico (nonché da quello costruttivo di cui non ci occuperemo), estremamente funzionali in quanto le cupole, costruite con blocchi di neve o ghiaccio, sono in grado di mantenere delle condizioni interne mediamente confortevoli, nonostante delle temperature esterne intorno ai -30°. Un iglù tra i 15 e i 20 mc ospitante due persone può raggiungere, senza l’apporto di fuochi, i 7°/10° interni; con il contributo di una piccola fonte di calore si può arrivare agevolmente ai 15°/17°.
Assunto il funzionamento termico dell’iglù, il recinto del rifugio alpino viene immaginato come un muro composto da mattoni di ghiaccio. L’ elemento costitutivo del diaframma è una tanica in plastica temperata al freddo contente acqua (la quale in inverno ghiaccia). Il progetto del muro riguarda non solo la definizione delle sue proporzioni sulla base della volumetria da realizzare ma si occupa anche del disegno del singolo elemento costitutivo.