Il progetto nasce dal connubio di due chiare scelte progettuali, interpretazione e trasposizione diretta del titolo del bando di concorso: la riduzione al minimo dell’architettura e il protagonismo del luogo, il paesaggio alpino.
Architettura minima significa certamente ripensare agli standard minimi nelle misure, all’approvvigionamento energetico alternativo, alla semplicità d’assemblaggio e alla sobrietà realizzativa, tutti aspetti costruttivi ancor prima che architettonici.
La domanda che si pone è: architettura minima è costruzione minima?
Ci si è interrogati quindi su cosa comportasse la riduzione al minino degli aspetti più strettamente architettonici come lo spazio, la forma, la luce.
L’esito di tale ricerca è un volume semplice e di immediata lettura spaziale, impostato sulla forma classica del quadrato, al quale vengono sottratte simmetricamente due porzioni: ne risultano due nicchie, da un lato l’ingresso, dall’altro l’unica grande apertura panoramica sul paesaggio.
Proseguendo nel processo di sottrazione di volume, si arricchisce il disegno in pianta: al centro lo spazio di relazione tra i visitatori, che assume carattere prioritario, sui lati gli spazi secondari e di servizio (brande per il riposo, toilette, vani tecnici impiantistici).
Lo spazio interno che risulta da tale processo è “minimo” dal punto di vista funzionale e distributivo, ma qualitativamente ricco, a dispetto della sua semplicità: basti immaginarsi all’ingresso, la porta alle proprie spalle, la vista panoramica di fronte, impreziosita dall’inquadratura della nicchia che le fa da cornice, la luce diffusa e morbida che abbraccia lo spazio circostante.
Altro aspetto fondamentale il protagonismo del luogo, si diceva, del paesaggio alpino: nel riconoscerne l’importanza non ci si può limitare a considerarlo semplicemente nello studio del rapporto interno/esterno, nel suo potenziale statico, di immagine; lo si coinvolge come elemento dinamico, attivo nel processo costitutivo di progetto.
Ecco quindi che la sottrazione di volume riprende, disegnando le falde dell’oggetto architettonico, asimmetricamente, approssimandolo in maniera concettuale alla matericità del luogo, a un masso, uno sperone di roccia.
Una volta soddisfatti dell’esito del processo creativo di progetto, ci s’impegna per garantire la medesima qualità e semplicità in termini costruttivi: si è così individuato come materiale principale il legno, per la sua duttilità, semplicità di lavorazione ed economicità.
Il metodo costruttivo è un sistema di assemblaggio a secco di pezzi preconfezionati e montati in opera, che richiede poca manodopera (anche solo 2 persone) e garantisce tempi rapidi; per le stesse ragioni l’abaco dei pezzi è ridotto, sia nel numero che nelle dimensioni di ciascuna componente.
Particolare attenzione è stata riposta nella ricerca di flessibilità dello spazio, assai importante date le dimensioni minime del progetto: per questa ragione si è pensato all’installazione di brande ribaltabili, convertibili in sedute, ed alla dotazione di un piccolo tavolo, estraibile dal suo ricovero e estendibile.
L’oggetto architettonico risponde quindi a tutte le richieste del bando: 8 posti letto, un volume totale di 44,80 mc, minimo ingombro, semplicità formale e reversibilità.
Non ultimo l’approfondimento dell’aspetto tecnologico per renderlo autosufficiente: si è pensato di garantire il confort termico all’interno attraverso la semplice buona coibentazione dell’involucro, mentre si è introdotto un sistema di raccolta delle acque piovane per l’approvvigionamento idrico, fino ad una capacità di 80 L, e un sistema di raccolta reflui, con capacità 20 L, permettendo la facile ispezione di entrambe le vasche dall’esterno.