Un muro in blocchi di pietra calcarea, lungo più di otto metri, alto quasi due, monumentale. Una superficie levigata, leggermente concava, dove la potente luce del sole cretese rivela il ritmo regolare dei giunti lapidei. Più da vicino, si scorgono delle incisioni: la porosità minerale diventa segno astratto. Sequenze continue di linee rette e curve compongono figure geometriche precise, ricorrenti, ordinate in righe e colonne. La forma complessiva è quella di un testo.
Così doveva presentarsi la Grande Iscrizione di Gortyna agli occhi di Federico Halbherr, quando la pietra e la geometria venivano liberate dalla terra e restituite al cielo. Una visione vibrante e carica di profondità. Le mani del giovane epigrafista avrebbero in seguito registrato il testo inciso sul muro, riproducendone le grafie per avviarne lo studio e la codificazione come documento giuridico.
Passati più di centoventi anni, altri tipi di occhi vengono predisposti per scandagliare la superficie dell'Iscrizione. Si tratta di due laser scanner e di un sensore ottico. Lo scopo di questa nuova registrazione è la realizzazione di un muro tridimensionale, non di pietra ma virtuale. Attraverso un software, la luce del mediterraneo sublima in informazione: l'impressione di un istante atmosferico si fa dato, parametro, la cui qualità viene fissata su una scala spaziale e cromatica. In questo processo di smaterializzazione la forma della scrittura incisa dagli scalpellini del quinto secolo avanti Cristo esplode in infinitesimali nuvole di punti dai contorni indefiniti.
L'installazione Verso gli dei e verso gli uomini nasce da queste suggestioni e dalla collaborazione con il Museo Civico di Rovereto, la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Provincia di Trento e i ricercatori del Centro Materiali e Microsistemi della Fondazione Bruno Kessler. Allestita in una sala di Palazzo Alberti, nell'ambito della mostra dedicata ai tre archeologi roveretani Paolo Orsi, Federico Halbherr e Giuseppe Gerola, l'opera invita il visitatore ad entrare nel mistero della Legge.
L'installazione si relaziona al contesto della mostra secondo una doppia strategia: da una parte continua e completa il percorso delle visita, inserendosi nell'allestimento come una 'architettura nell' architettura', dall'altra, vista la sua posizione volutamente defilata, propone un avvicinamento che avviene attraverso uno spazio-soglia oltre il quale la percezione cambia registro.
Le caratteristiche essenziali che informano l'opera sono la dimensione dello spazio e del tempo. La sua struttura consiste in un prisma di colore nero a base quadrata, le cui dimensioni (quattro metri e mezzo di lunghezza e due metri e venti centimetri di altezza) riprendono quelle del muro originario ridotte della metà. Il solido è diviso in due parti, staccate e complementari, che liberano uno spazio vuoto per il percorso del visitatore. Le pareti che delimitano il passaggio sono entrambe curve, secondo un andamento concavo e convesso. Su una di esse è montata una lastra di plexiglas serigrafata con l'immagine in negativo dell'Iscrizione, mentre sull'altra si trova una lamina di acciaio lucidato che riflette l'immagine restituendola in positivo. La serigrafia riproduce l'impaginazione originaria della legge secondo una ripartizione in dodici colonne che si illuminano, in sequenza e per pochi istanti, grazie a un sensore che rileva il passaggio delle persone.
L'esperienza percettiva di questo spazio amplia gli obiettivi iniziali aprendo l'indagine su temi molteplici e sovrapposti. Un primo tema tocca la relazione tra originale e copia. L'uso delle più avanzate tecniche di rilievo laser scanner implica la possibilità di riprodurre meccanicamente una copia dello stesso materiale e delle stesse dimensioni della Grande Iscrizione di Gortyna. Il progetto dell'installazione valuta criticamente questa opportunità nel caso in cui l'obiettivo sia la duplicazione fine a se stessa o una divulgazione meramente celebrativa. Al di là di queste posizioni si ricerca quindi una rappresentazione del testo originale che sia capace di stimolare nuove situazioni cognitive. Alla nobile pesantezza della pietra si sostituisce la leggerezza di nuovi e possibili significati. In tal senso si percorre la strada dell'immateriale, accelerando in direzione del virtuale. Lo spazio generato dalla superficie specchiante ha dunque il ruolo di rendere virtuale il virtuale. Con questo paradossale capovolgimento, si raggiunge una visione positiva e unitaria della riproduzione, collocandola a una distanza opportuna dal reale/originale, all'interno di uno spazio riflesso e inaccessibile. Complice di questo meccanismo di visione speculare è la scrittura stessa: il suo andamento bustrofedico - a righe alternatamente specchiate - da un lato favorisce la continuità della lettura, dall'altro sollecita un'attività cognitiva non superficiale.
Un altro tema esplora il rapporto tra individuo e Legge. L'aura di sacralità che pervade il testo normativo evoca un rapporto di serena sottomissione e di riconoscimento dell'autorità divina da parte dell'individuo, sia esso legislatore, semplice cittadino o schiavo. Il testo infatti inizia con un'invocazione agli dei e presenta al suo interno espressioni come “[...] adempia agli obblighi verso gli dei e verso gli uomini [...]”. Tale forma, citata dal titolo dell'installazione, esprime una dimensione che vede il soggetto come spettatore dello scenario giuridico: curiosamente il luogo in cui è stata rinvenuta l'Iscrizione è l'ambulacro di un edificio per lo spettacolo. L'installazione muove da queste considerazioni, cercando di mettere in scena il senso di sacralità attraverso la ridefinizione del ruolo del soggetto in una prospettiva attualizzata e ribaltata. Nello spazio della mostra infatti il visitatore non è più visto come uno spettatore passivo bensì come attore: è lui a far sì che la Legge possa manifestarsi con la luce, attivando con la propria dinamica presenza il testo serigrafato. L'esito è quello di una proiezione che investe contemporaneamente il soggetto e lo sfondo, nella profondità di una dimensione più ampia. Verso gli uomini e verso gli dei, ecco un altro capovolgimento innescato dagli artifici ottici dell'opera.
L'installazione informa che la qualità con cui il soggetto interagisce con la Legge può rivelarsi non necessariamente in maniera univoca e determinata a priori. Tale rapporto può concretizzarsi ad esempio in un evento, accidentale o imprevisto e allo stesso tempo evanescente nella sua irraggiungibile interpretazione.