Sistemazione del sagrato presso la chiesa di S.Bernardo
Il rettangolo di una moderna scacchiera, la seduta rettilinea in pietra, l’antica stele in pietra arenaria
con la croce e il grande albero, si rappresentano sullo sfondo della facciata neoclassica in una sorta
di composizione metafisica dello spazio.
Il sagrato di una chiesa, oltre ad essere un tempo luogo di sepoltura dei parroci, è l’erede, pur in forme molto diverse, dell’antico atrio antistante alle basiliche e le chiese più semplici, conosciuto nell’arte cristiana come ambito di introduzione al tempio vero e proprio.
Sino all’anno 2008 la chiesa di San Bernardo era sprovvista di un vero e proprio sagrato in quanto lo spazio antistante al suo ingresso veniva comunemente utilizzato come area per la sosta delle auto.
E’ in questo contesto che l’intento del progetto si era posto come obiettivo principale la volontà di contribuire a restituire quell’ambito sacro (il sagrato) che la modernità dei tempi aveva sottratto alla chiesa, oltre che a tentare di valorizzare il rapporto civico che l’edificio di culto avrebbe instaurato successivamente con lo spazio pubblico antistante, di cui il fronte della parrocchiale ne è l’apparato architettonico principale.
Scriveva Carlo Marcora su “BRONGIO, cammino di una comunità” nel 1987:
" … la festa della Madonna del Carmine si faceva con grande solennità. Il Sagrato veniva coperto completamente: s’inserivano pali colorati in appositi buchi già presenti in blocchi di pietra, e dopo essere stati adornati di festoni veniva steso sopra un telone che copriva tutto il sagrato; di modo che entrando sotto di esso dava l’impressione di trovarsi già in Chiesa suscitando un senso di allegria."
Memorie di una tradizione e una cultura popolare che il progetto tende a richiamare seppure attraverso forme ed elementi contemporanei, quali il rettangolo di una moderna scacchiera a sottolineare la presenza del sagrato stesso e l’elemento rettilineo di seduta in pietra, che, mediante l’antica stele in pietra arenaria con la croce e il grande albero, si rappresentano sullo sfondo della facciata neoclassica in una sorta di composizione metafisica dello spazio come in una bella piazza italiana.
La nuova scalinata di accesso dal disegno planimetrico “a degradare”, consente il raggiungimento frontale, contribuendo così ad accentuarne l’effetto prospettico che si percepisce percorrendo la strada provenendo dal cimitero, oltre che ad aumentarne la spazialità e la visibilità, come su di uno spalto.
Il tema era quello di riuscire a comporre la nuova scena antistante al fronte della parrocchiale con estremo garbo e l’utilizzo di pochi elementi: la “scacchiera”, il riposizionamento dell’antico monolite con la croce, l’elemento rettilineo di seduta e il grande albero.
A tal fine, appare significativo riferirsi all’intervento del Prof. Raffaele Sirica tenuto in occasione del seminario organizzato dal Consiglio Nazionale degli Architetti nel 2004, in collaborazione con la rivista Chiesa Oggi sul tema del Sagrato:
“ La contemporaneità ha infatti scelto di ragionare sull’analogia dei caratteri che la chiesa e tutti i suoi elementi costitutivi, tra cui il sagrato, devono possedere.
Ripensare il sagrato oggi significa dunque trasferire nelle capacità del progettista la volontà di comunicare, attraverso i segni architettonici, il rapporto tra la chiesa e la città, ovvero tra l’architettura religiosa e quella civile.
La scelta di reinventare o restaurare i sagrati è funzione dell’approccio al progetto che, a sua volta, dipende da variabili molto diverse, di volta in volta valutate dal singolo progettista.
Il fondamento etico della professione di architetto fa sì che la risposta al quesito posto, derivi sostanzialmente dalle capacità di percepire nel contesto il comportamento più corretto con cui intervenire.
Sia che si tratti di restaurare i sagrati, sia che si tratti di reinventarli, è importante conservare gli aspetti legati alla loro dimensione sociale e spirituale, conferendo equilibrio di espressione alle ragioni di cui il progetto è portatore, come pure alle attese degli utenti, senza dimenticare il ruolo importante svolto dalla capacità dell’architetto di sollecitare l’immaginario collettivo”.