Parco Archeologico di Verucchio
Un luogo destinato al racconto e all'evocazione della vita di un popolo ormai scomparso, dei suoi costumi, abitudini e credenze non può a nostro avviso prescindere dal rintracciare e descrivere le relazioni che esso stabilì con il contesto territoriale e l'ambiente fisico: questo ultimo rappresenta una componente essenziale del suo sviluppo condizionandone il destino.
Se il paesaggio è il risultato di un processo di lunga durata costruito dalla stratificazione di tempi e di spazi, è ragionevole poter sostenere l'ipotesi per cui all'interno di quel territorio che si presenta davanti a noi - palinsesto complesso e contraddittorio - sia possibile rintracciare ed isolare resti significativi e frammenti in grado di ricondurci nella dimensione coeva al manifestarsi di quella civiltà.
Il territorio di Verucchio di poco distante dal mare e a ridosso delle increspature appenniniche, conserva le tracce di quell'antico paesaggio. Le rupi calcaree, protese verso il mare Adriatico, sovrastano le foreste che si estendono sulle pendici appenniniche e lungo la valle fluviale del Marecchia, restituendo un'immagine che rievoca l'antico assetto del territorio: un paesaggio dolce, solcato da un lato da una fitta rete di sgrondo delle acque di superficie e dall'altro da formazioni calcaree compatte, stabili, che hanno originato rupi dalle pareti scoscese che si ergono maestose in mezzo alle argille.
La struttura geomorfologica del territorio presenta dei caratteri fortemente eterogenei restituendo un paesaggio segnato dall'incontro di più ambienti la cui diversità dipende dalle modificazioni complesse del suolo:
il paesaggio delle alluvioni, dei fondovalle pianeggianti e dei terrazzi costruiti dai detriti alluvionali e dai depositi fluviali (ciottoli, sabbie, marne, arenarie e argille);
il paesaggio delle formazioni argillose e dei calanchi, la cui composizione è varia e passa dai suoli argillosi fino a quelli sabbiosi, morfologicamente dolce e instabile;
il paesaggio delle rupi calcaree, con formazioni dalla morfologia accidentata ed aspra che emergono come zolle galleggianti su una matrice argillosa circostante.
Il paesaggio della vegetazione
Prima dell'insediamento umano nel territorio e prima delle conseguenti modificazioni connesse alle attività agricole e all'utilizzo del legname, estese foreste dovevano ricoprire l'intera valle con rare soluzioni di continuità, rappresentate probabilmente dalle rupi più scoscese ed inospitali, fatte di nuda roccia e dall'alveo del fiume (grandi coperture boschive di roverella, carpino, acero sui versanti più freschi e, sui versanti più caldi, da coperture erbacee spontanee).
Ciò che oggi rimane di quell'antica selva sono solo alcuni circoscritti lembi di bosco inserito in un esteso sistema di colture ed insediamenti urbani.
Quelle rupi che si ergono sull'orizzonte ospitarono un tempo le prime comunità preistoriche. Lo sguardo di oggi non coglie più quella distesa omogenea di foresta perchè ad uno sguardo d'insieme emerge un mosaico fatto di campi, strade, edifici: un paesaggio così influenzato dall'attività umana da poter, solo per frammenti, ricondurci verso l'originaria, archetipica, struttura ambientale: una distesa boschiva continua, che man mano risale dai fondovalle, dalla quale emergono, solitarie, le rupi calcaree.
Alle soglie della storia c'è un evento che segna un passaggio fondamentale dello sviluppo umano: la nascita della cultura urbana e dell'agricoltura.
Gli abitati, formati da capanne in materiale deperibile, ormai hanno assunto una forma stabile e sono collocati nei luoghi più idonei allo sfruttamento agricolo raccogliendo abitanti dai precedenti insediamenti sparsi, preparando così i presupposti per l'avvento della cultura urbana.
L'attività di deforestazione si accentua strappando così alla selva, luogo della raccolta e della caccia, superfici di territorio da destinare alla agricoltura. Vaste radure appaiono tra il fitto della vegetazione: luoghi circoscritti, fertili, solari, (campi ricchi di cereali) compaiono nell'indistinto fitto della foresta. Selva e radura, si manifestano così come rappresentazioni della dialettica tra paesaggio agricolo - simbolo di una lunga evoluzione - e natura "selvatica" memoria resistente del passato remoto, luogo intricato e caotico, informe, dominato dalle ombre.
Il Parco vede come suoi elementi caratterizzanti due componenti: il Bosco e le Radure.
Il Bosco, disteso lungo l’intero svolgimento del percorso, è chiamato a fare da elemento unificatore tra le diverse componenti del parco, rimarcando la sua centralità sia come elemento dominante del paesaggio in età villanoviana, sia come strumento di civiltà. Inoltre restituisce una dimensione di "sospensione del tempo", isola le aree dal contesto moderno e scherma gli spazi didattici dalla strada provinciale, riducendone l'impatto ambientale.
Le Radure sono chiamate ad accogliere i luoghi didattici, meta dei percorsi, offrendo delle pause in cui il visitatore ha la possibilità di fermarsi ad osservare, essendone partecipe, i vari aspetti della vita quotidiana del periodo villanoviano.
Questi luoghi raccolti, in cui si concentrano e si mostrano gli interventi dell'uomo attraverso l'agricoltura, l'insediamento, l'allevamento degli animali, la pratica della sepoltura, sono distribuiti come luoghi di sosta e di approfondimento su tutto il percorso.
Questa strategia d’intervento garantisce una condizione di unitarietà ed omogeneità all’intero parco, nonostante la strada provinciale separi l’area in due zone logistiche disgiunte.
Gli stessi obiettivi guidano la progettazione dei nuclei funzionali.
Così, il museo virtuale e l’edificio destinato all’accoglienza sono progettati in continuità tipologica e materica a connotare le due aree tematiche del parco. L'assetto geologico del suolo, con la presenza di terreni caratterizzati da frana quiescente, ha suggerito le strategie d'intervento e le modalità insediative, indicando i luoghi dove fondare e i criteri costruttivi da adottare. Alle strutture ipogee, che in questo quadro geologico, risulterebbero molto onerose anche in termini di gestione, si sono preferiti quindi impianti epigei, con fondazioni su pali, capaci di descrivere anche sul piano architettonico, l'impegno progettuale rivolto alla tradizione costruttiva.
Entrambi gli edifici evocano un’immagine di provvisorietà che sempre si lega all’idea di area archeologica e che, nello stesso tempo, richiama la forma astratta della “capanna”. La tecnologia costruttiva recupera il senso di tecnologie antiche, immaginando costruzioni fatte per giustapposizione di elementi lignei che realizzano la struttura , ma anche le stanze, le separazioni, le schermature. Gli edifici si posizionano nei punti che presentano le classi di pendenza più marcate e sono strutturati in modo da accogliere il percorso di visita del museo diffuso. Al loro interno, lo spazio si distende lungo morbide rampe in continuità con i tracciati all'aperto.