Casa studio, Vittoria
Due edifici degli anni Venti, nati come residenze di famiglie borghesi, vengono inglobati, nel secondo dopoguerra, nel progetto per l’ampliamento dell’adiacente Albergo Italia: la stecca, lunga 28 metri e larga 6, confina a nord, lungo uno dei lati corti, con il nucleo originario dell’albergo e si affaccia con gli altri tre lati verso le strade circostanti.
Il programma richiesto, che prevede una residenza su tre livelli per una coppia con due figli ed uno studio al piano terra, non deve prescindere dalla possibilità di convertire eventualmente gli spazi abitativi in uffici.
Le conseguenze dei pesanti interventi subiti nel tempo inducono a prendere la decisione di svuotare l’edificio esistente lasciando intatto l’involucro esterno, sottoposto a vincolo conservativo. All’interno del vuoto si inserisce l’intervento: la ‘pelle’ contiene al proprio interno una struttura modulare di travi e pilastri in cemento armato, attraversata in orizzontale dai piani dei solai e in verticale da un volume autonomo. La scelta di isolare il volume e di concentrare al suo interno sia elementi costanti (collegamenti verticali, canalizzazioni degli impianti) sia elementi variabili (armadi-contenitore, servizi,…) determina su tutti i piani una circolazione fluida ed uno spazio completamente libero.
Le parti del programma legate in maniera specifica all’abitare vengono racchiuse all’interno di volumi temporanei: il posizionamento dei blocchi, all’interno della struttura modulare, genera spazi residui utilizzati per accogliere ulteriori funzioni.
L’intervento si articola su quattro livelli: al piano terra uno studio con ingresso indipendente, al primo piano la zona notte, al secondo e terzo piano la zona giorno ed il terrazzo. L’orientamento nord-sud lungo l’asse longitudinale della stecca consente ai raggi solari, attraverso la superficie forata dell’involucro esterno, di diffondersi all’interno della struttura modulare.
All’ultimo livello la luce penetra dall’asola ritagliata longitudinalmente sulla falda, propagandosi nei vuoti che intersecano il piano dell’ultimo solaio e, filtrata dalle strutture metalliche (scala, passerelle) che ripristinano il sistema dei collegamenti tra le parti sconnesse, raggiunge il piano sottostante sommandosi alla luce intorno.
Estratto da: “Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, BY10”, Casa Editrice Libria, 2006