MEIS
Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah
La questione ebraica
Voler distinguere il contributo ebraico nella storia di Ferrara (o più in generale in quella italiana) significa facilmente contraddirne i principi e ridurne banalmente i valori. Dietro ai fatti o alle singole vicende vi è una dimensione ben più profonda e complessa che si amalgama nel midollo stesso delle forme (urbane e architettoniche). Storicamente la cultura ebraica rimane pressoché invisibile nell’ambito delle città, pur essendo parte di quelle stesse forze plasmatrici. Un esempio evidente: l’espansione erculea attuata dagli Estensi, il momento più formativo e figurativo della città, ancora oggi stigma di Ferrara. Paradossalmente senza l’apporto ebraico (degli aoikos e degli atopos, dei senza dimora e dei senza luogo) l’espansione rinascimentale non si sarebbe potuta realizzare. Gli ebrei: i Grenzverwischer, i distruttori di limiti, coloro che cancellano e rifondano continuamente i confini della mente e, perciò della visione, penetrano nella realtà mostrandone le sostanziali differenze come un atto dovuto al loro “profondo bisogno interiore”. Le potenze dislocanti del loro pensiero (razionale, mistico, etico, ecc..) spiazzano quindi le nostre consuetudini e certezze (greco-cristiane) riportando le immagini al loro fremito iniziale, a quel primo vibrare che appare nel momento di ogni vera nascita. Senza questa consapevolezza l’apporto ebraico al progetto perderebbe ogni vigore ed efficacia, ogni sua intima connotazione e autentico significato. Il museo non è un luogo solo per ricordare ma per rinnovare la scintilla del senso.
La questione ferrarese
La storia degli ebrei a Ferrara e la storia della città sono quindi intimamente intrecciate. La seconda non può escludere la prima. Ambedue definiscono l’orizzonte del progetto. Ma se la storia ebraica viene vista attraverso l’unità dei suoi principi, ovvero nella sua atemporalità, analogamente deve avvenire per la storia urbana. Se disponiamo davanti a noi l’intero arco delle sue figure, rimaniamo sorpresi. Non è il sentimento della perdita che ci fa apparire più affascinante il passato, ma la radicale differenza e ricchezza figurativa, materiale, che sta alla base della sua origine. Ferrara era città d’acqua, circondata da paludi e lagune, assediata dall’incubo delle esondazioni del Po e degli innumerevoli affluenti provenienti da sud, dal bacino appenninico. La conquista dell’asciutto (il Sadeh della Torah, la terra (la nazione) da coltivare (Gn 2,5), è una lotta tra miseria e povertà, epica e tragica insieme. Il conflitto tra natura e artificio esige un febbrile lavoro (adamico) di pensieri e di opere sempre più ardite e complesse. Fino a giungere alle grandi e più recenti bonifiche che hanno trasformato il territorio ferrarese in una produttiva e ordinatissima campagna. La fragilità del sito è ora acquietata sotto il controllo millimetrico dello sguardo tecnico delle idrovore, ma allora dipendeva tutto dalla virtù della mano, dalle sue azioni che si esprimevano e si imprimevano nella robustezza degli argini. Comunque l’acqua è origine di Ferrara. Una gemma tra masse liquide, torbide o riflettenti, capace però di richiamare a sé come un fiore solitario sciami di immagini migranti tra occidente e oriente, fissarle con pigmenti sui muri di un palazzo secondo le costellazioni dello zodiaco per celebrarne il sacro rito della rappresentazione.
La questione carceraria
Il ghetto ebraico sta tra le mura della città e le mura del carcere. La geografia urbana ne disegna i confini, la storia ne determina i significati oppositivi. Ma il medio del pensiero ebraico, nel tempo delle libertà, ha un ulteriore chance di riscatto: pareggiarne il senso. Come le acque pensili hanno bisogno di argini alti, così il pensiero ebraico deve alzarne il livello: del senso. Le mura del carcere, ora, non chiudono né imprigionano ma aprono e liberano. Anzi, liberano il recluso, il rimosso, il represso in un inatteso paesaggio pur conservando il dolore e la sofferenza come un prezioso e ineliminabile retaggio. Una sottile linea scorre dunque sinuosa in ogni tipo di spazio fisico, razionale, estetico, spirituale, per ricomporre “in un segreto rapporto dinamico” (G. Bassani) i profili di molte immagini perdute nell’oscurità dell’oblio o appena immaginate nella materia dei sogni.
Tre presupposti theorici.
Nel progetto del museo convergono dunque tre presupposti theorici:
1- dimensione urbana: memoria-innovazione (forme della genesi)
2- dimensione ebraica:interiorità-universalità (theologia del paesaggio)
3- dimensione architettonica: conservazione - ana- stilosi (esplosione del limite)
1
Le mura di Ferrara, il più esteso monumento-parco, effige della città, definiscono l’orizzonte fisico e visibile del progetto. Esse costituiscono il primo sistema figurativo di riferimento del progetto. Il secondo sistema figurativo di riferimento deriva dalla iconografie storiche, dal secolo XV in poi: le immagini idrografiche come matrici originarie della forma urbana.
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La particolarità del pensiero ebraico, i cui codici linguistici sono profondamente diversi da quelli della tradizione greco-cristiana (la temporalità sostituisce la spazialità, l’assenza la presenza, l’evento l’eterno) rimanda al primo libro del Tanak, la Bibbia ebraica: il Bereshit (Genesi), il libro del progetto. Versetto 2,8: dal Gan in Eden della Erets di Israele (dal giardino in Eden posto nella terra di Israele; il giardino è metafora della ricchezza morale) esce il Nahar, il fiume della sapienza, diramandosi nelle quattro direzioni cardinali, Pishon, Ghichon, Chideqel, Perat, per irrigare con la conoscenza i popoli e le nazioni della terra.
L’immagine tanakica dei fiumi sovrapponendosi all’iconografia ferrarese andrà quindi a rafforzare “geologicamente” e a radicare “theologicamente” il secondo grande sistema figurativo del progetto: quello delle acque. Inoltre si insedia come l’immagine più intima dell’intero progetto museale, per assumere infine il ruolo ordinatore e generatore delle principali visuali interne ed esterne.
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Appare chiaro come le analogie figurative e le relazioni semantiche nascano per loro naturale affinità avendo in comune non solo il materiale della storia ma anche le stesse parole (gli stessi mezzi). Per esempio, le mura: (A) della città; (B) del ghetto; (C) del carcere. Esse assumono nello stesso tempo significati opposti se non diversi: (a) protezione, (b) esclusione, (c) reclusione. Ma esteticamente e formalmente simili. Cambiarne il ruolo o lo scopo dipende più dalle intenzioni (che sono astratte) che dalle loro soluzioni (che sono concrete), rimanendo pressoché inalterate le loro configurazioni (che sono formali). Pertanto trasformare il carcere in un museo dell’Ebraismo non può e non dovrebbe alterare minimamente l’aspetto estetico, la visio architettonica di quell’insieme. Non perché vincolato per legge, bensì perché vincolato dalla storia di Ferrara e ancora di più da quella degli Ebrei. Ma dovendo essere un museo le relazioni e i rapporti con l’esterno dovranno essere giustamente favoriti e opportunamente incentivati. Sembra un inconciliabile, ma invece è un possibile proprio per le analogie figurative e le relazioni semantiche già presenti e ormai riconosciute nel testo della città e nel patrimonio culturale ebraico. Le mura del carcere, il doppio recinto dei bordi esterni, diventerà così il sistema privilegiato dei percorsi e di tutte le relazioni esterne del nuovo museo con la città, in continuità con il perimetro urbano delle mura cittadine. In questo modo cambieranno solo le intenzioni (astratte), ma non le configurazioni (formali). In altri termini l’intero impianto carcerario manterrà inalterato il suo aspetto formale rovesciando invece il significato delle sue mura: dalla segregazione all’integrazione. Un intervento di conservazione esterna per gli edifici; di anastilosi per le mura, intendendo che i pezzi “originali” da ricostruire provengono dalla stessa storia di Ferrara e dal repertorio dei significati rimasti troppo a lungo repressi nello sguardo e nell’anima dei Grenzverwischer.
Il progetto
Dai tre presupposti theorici si generano i tre sistemi figurativi.
1- La conservazione dei fabbricati esistenti A, B, C.
2- La continuità delle mura del carcere con le mura urbane.
3- La figura dell’acqua, riemergenza dell’origine.
1
Il primo sistema figurativo riguarda la conservazione dell’aspetto architettonico esterno degli edifici del complesso carcerario (denominati nel programma del concorso A, B, C). Osservati dalle strade limitrofe o dagli argini di via Rampari si presentano con l’identico profilo attuale. Gli spazi interni sono invece riorganizzati secondo i requisiti funzionali del nuovo museo ed i vincoli previsti dal bando (punto 6 DIP).
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Il secondo sistema figurativo rovescia letteralmente l’immagine del carcere. Le sue mura si connettono con quelle urbane. Non c’è più distinzione né di grado né di funzione tra i due recinti. La continuità dei percorsi dissolve ogni separazione e chiusura. Il paesaggio esterno delle mura urbane sembra risucchiato dal nuovo golfo interno che nel frattempo si è formato. Un grembo nella città che si dischiude sull’aperto che la circonda. Ma questa soluzione ha un’ulteriore positiva conseguenza. Il tratto di mura lungo via Rampari è tra i più deboli di Ferrara. Quasi indistinguibile per il disordine urbanistico. Ma nell’iconografia del Bolzoni (1747) questo lato sud della città confinante con il ramo del Volano, possiede uno spessore consistente, una chiarezza inconfondibile, quasi severa. Un piano rialzato, netto e preciso, che si estende per l’intera profondità della città. In questo senso il tratto delle mura si rafforzerà figurativamente recuperando una fisionomia lacerata in un punto che storicamente è sempre stato molto delicato.
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Il terzo sistema figurativo riguarda l’area destinata a parco posta tra il museo e il fiume (7.4.6 DIP). Tale scelta ha però una duplice e intima ragione. L’acqua non solo recupera con le sue forme un’immagine originaria della fragilità del luogo, ma anche un’immagine theologica proveniente dal Tanak, la più autentica sorgente della tradizione ebraica. Comunque, questa figura orizzontale che si genera dal Volano (ma che proviene da distanze remote) si raccoglie su se stessa e prolunga il suo pistillo lungo tutto l’asse maggiore del museo fino a giungere nel cuore (la sala della Torah).
I tre livelli
L’intero progetto si dispone rispetto a tre livelli principali. Avendo per riferimento altimetrico lo zero (0,00) di via Piangipane, a + 4,00 il piano delle mura, il livello di accesso più alto. A -3,40 il piano di Via Rampari, il livello intermedio. A -9,00 il piano più basso del parco acqueo, l’accesso dal lato esterno delle mura, comunque in diretta connessione con gli spazi museali.
L’accessibilità
Al sistema dei bordi murari è affidata la gerarchia e la pluralità degli accessi. Quello principale avviene alla quota alta delle mura, in relazione con l’orizzonte urbano. Le mura di Ferrara costituiscono il grande anello di connessione con il museo, e se non fossero interrotte per ragioni che dovrebbero essere forse ripensate, costituirebbero un magnifico circuito, il grande perimetro del museo. Comunque, l’accesso principale è previsto sul lato nord dell’edificio B, a quota +4,00, e attraversa tutta la larghezza del fabbricato formando un portico a ridosso della facciata nord. Quello intermedio avviene da via Rampari, ossia, dal lato sud. Una doppio sistema di rampe (m. 90) inserite tra le mura est e ovest, collega il dislivello -3,40 +4,00. L’ingresso principale posto a + 4,00 consente a tutti i percorsi interni di essere orientati verso sud e di scendere verso i livelli inferiori. Pure dal parco acqueo (-6,00) è previsto un collegamento diretto attraverso l’uso degli ascensori posti in prossimità dell’ingresso principale. Comunque tutti i livelli sono serviti da sistemi di rampe a piani inclinati variabili da 3 a 6%. Anche via Piangipane è collegata con i percorsi a + 4,00 tramite due rampe brevi di scale per soddisfare la flessibilità e la facilità delle connessioni con il piano della città.
Ampliamento dei volumi.
La conservazione delle volumetrie fuori terra degli edifici B e C richiede l’ampliamento degli spazi abbassando il piano dei cortili interni. Si prevede quindi di scavare per una profondità media di m 7,00 fino a giungere ad un livello di -9,00. In questo modo si ottengono nuovi volumi espositivi comunque illuminati sempre e direttamente dall’esterno. Anche le mura vengono abbassate per realizzare le connessioni tra i livelli. In questo modo il blocco delle murature dell’ex carcere si può staccare dal terreno circostante avendo previsto al perimetro l’uso di diaframmi profondi per isolare le strutture dalle acque di falda. Un incremento figurativo importante che va a rafforzare le pareti murarie radicate nel suolo (e nello spirito) della città.
Gli spazi espositivi
L’edificio B viene riorganizzato completamente nella sua distribuzione spaziale. In esso si trovano le funzioni più rappresentative e simboliche del museo. Nell’edifico C vengono conservati i tre piani vincolati prevedendo l’inserimento delle funzioni espositive storico-narrative. A -9,00 è ricavato un ampio spazio per mostre temporanee e attività culturali in relazione anche con il grande parco acqueo del Volano.
La sala della Torah
Posta sotto l’ingresso principale dell’edificio B in essa confluiscono e si distribuiscono tutti i percorsi e tutte le visuali. Connette il livello +4,00 al livello -7,00 e perciò relaziona anche tutti i livelli. “Punto velico” del museo registra con la sua posizione il sistema figurativo della mura (i percorsi esterni) e il sistema figurativo delle acque vincolandoli reciprocamente. Essa contiene i cinque Megillot della Torah (i rotoli della Legge, del Pentateuco). Sotto, in scala minore ma molto più numerosi i Midrashim e i Targumim (i rotoli dell’interpretazione e delle traduzioni). I Megillot ruotano lentamente. Dai loro movimenti scaturiscono gocce d’acque che escono dalla parte opposta della parete e si raccolgono insieme a quelle dei Midrashim e Targumim. Il rivolo d’acque indica la direzione dell’asse principale del museo, del percorso interno, e delle sue visuali. Appena all’esterno delle mura l’acqua si divide nei quattro rami dei fiumi del Gan in Eden (del Giardino) per irrigare le nazioni della Erets.
MEIS
Shoah and National Italian Hebrew Museum
Jewish Query
Trying to distinguish the Jewish contribution in the history of Ferrara (or more generally in the history of Italy) could easily mean to contradict the principles and reduce banally the values. Behind the facts or the single events there is a dimension far more profound and complex that blends in the very marrow of the forms (urban and architectonic). The Jewish culture, historically, remained virtually invisible in the ambit of the city, while being part of those same plasmatic forces. A clear example: the Herculean expansion implemented by the Este Dukes, the most formative and figurative moment in the city, still today stigma of Ferrara. Paradoxically, without the Hebrew contribution (of aoikos and atopos, without a home and without a place) the Renaissance expansion would not have been achieved. The Jews: the Grenzverwischer, the destroyers of limits, who continually cancel and refind the limits of the mind and therefore, the vision, penetrating reality to show the substantial differences as an act due to a "deep inner need." The dislocating power of their thought (rational, mystical, ethical, etc..), which displaces therefore our customs and certainties (greek – christian tradition), carries back the images to their initial tremor, to that first vibration, which appears at the moment of every true birth. Without this awareness the Hebrew contribution to the project would lose all its force and power, every intimate connotation and true meaning. The museum is not only a place to remember but to renew the spark of sense.
Ferrara’s question
The history of the Jews of Ferrara and the city's history are closely intertwined. The second cannot exclude the first. Both define the horizon of the project. But if the Hebrew history is seen through the unity of its principles, or in its timelessness, then the same should happen to the urban history. If we have in front of us the entire span of its figures, we remain surprised. It is not the feeling of loss that makes appear more fascinating the past, but the radical figurative and material difference and richness, which is the foundation of its origin. Ferrara was a city of water, surrounded by swamps and lagoons, which was besieged by the nightmare of the flooding of the river Po and the endless branches from the south, of the basin of the Apennines. The conquest of the dry (Sadeh of Torah), the land (the nation) to cultivate (Gen 2.5), is a battle between misery and poverty, the epic and tragic together. The conflict between nature and artifice demands a feverish work (adamic) of thoughts and works more and more daring and complex. Until arriving at the largest and most recent reclamations that have transformed the territory of Ferrara in a productive and orderly countryside. The fragility of the site is now calmed under the millimetric controlled technical view of dewatering, but in those times depended largely on the virtues of the hand, at its actions that are expressed and imprinted in the sturdy earthen banks. However, water is the origin of Ferrara. A gem among liquid masses, turbid or clear, but able to call to itself like a solitary flower, clusters of images migrating between West and East, images fixed with pigments on the walls of a town mansion, according to the constellations of the zodiac to celebrate the sacred rite of representation.
Jail question
The Jewish ghetto is situated between the city walls and the walls of the jail. The urban geography draws its boundaries, the history determines its oppositional meanings. But the medium of Hebrew thought, in time of freedom, has another chance to redemption: to balance the sense. As the suspended water channels need high embankments, so Hebrew thought must raise the level: of sense. The walls of the prison, now, don’t close or imprison but open and set free. Indeed, release the secluded, the removed, the repressed into an unexpected landscape, while maintaining the pain and suffering as a precious and uncancellable heritage. A thin line runs therefore tortuously in every type of physical space, rational, aesthetic, spiritual, to recompose "in a secret dynamic relationship " (G. Bassani) profiles of many lost images in the darkness of oblivion or just imagined in the matter of dreams.
Three theoretical principals
In the museum project converge, therefore, three theoretical conditions:
1- urban dimension: memory-innovation (genesis shapes)
2- Hebrew dimension: interiority-universality (landscape theology)
3- architectural dimension: conservation-ana-
stylosis (limit explosion)
1
The walls of Ferrara, the most extensive park-monument, effigy of the city, define the physical and visible horizon of the project. They are the first figurative system of reference of it. The second figurative system of reference is derived from the historical iconography, from the fifteenth century onwards: the hydrographic images as the original matrix of urban form.
2
The particularity of Hebrew thought, in which the linguistic codes are deeply different from those of the traditional greek-christian (time replaces space, absence the presence, event the eternal) refers to the first book of the Tanak, the Hebrew Bible: the Bereshit (Genesis), the book of the project. Verse 2,8: from the Gan in Eden to the Erets of Israel, (from the garden of Eden situated in the land of Israel, the garden is a metaphor for moral richness) springs the Nahar, the river of wisdom, branching out in the four cardinal directions, Pishon, Ghichon, Chideqel, Perat to irrigate with knowledge the peoples and nations on earth. The tanak image of the rivers overlapping on the iconography of Ferrara will therefore enhance "geologically" and radicate "theologically" the second major figurative system of the project: waters. Furthermore it installs itself as the most intimate image of the entire museum project, to finally assume the role as organizer and generator of the principal internal and external views.
3
It seems clear how the figurative analogies and semantic relationships are born due to their natural affinity having in common not only the material of history but also the same words (the same means). For example, the walls: (A) of the city; (B) of the ghetto; (C) of the jail. They assume in the same time, opposite meanings: (a) protection, (b) exclusion , (c) reclusion. But aesthetically and formally similar. Changing role or purpose depends more on the intentions (which are abstract) than their solutions (which are real), remaining almost unchanged of their configurations (which are formal). Therefore, transforming the prison into a Jewish museum cannot and should not in any way alter the aesthetic appearance, the architectural visio of the altogether. Not because bound by human law, but bound by the history of Ferrara and even more by Hebrew culture. Being a museum, the connections and relationships with the outside world should be rightly favoured and opportunely encouraged. It seems an unconceivable, but instead it is a possible, precisely because of the figurative analogies and semantic relations already present and now recognized in the text of the city and in the Hebrew cultural heritage. The walls of the jail, the double enclosure of the external borders, thus become the preferred system of paths and all the external relationships of the new museum with the city, in continuity with the urban perimeter of the city walls. In this way only the intentions (abstract) will change but not the real configurations (formal). In other words, the whole prison system maintains intact in its formal aspect reversing instead the meaning of its walls: from segregation to integration. An intervention of external conservation of the buildings; of anastylosis of walls, intending that the "original" pieces are to be reconstructed from the same history of Ferrara and that repertoire of meanings far too long repressed in the eyes and soul of the Grenzverwischer.
The project
From three theoretical principals are generated the three figurative systems.
1- The conservation of existing buildings A, B, C.
2- The continuity of the jail walls with the city walls.
3- The water figure, re-emergence of origin.
1
The first figurative system regards the conservation of the exterior architectural appearance of the buildings of the prison complex (referred to in the competition program A, B, C). Seen from the neighbouring streets or from the earthen banks of Rampari street they present themselves with the identical current profile. The interior spaces are instead reorganized according to the functional requirements of the new museum and the constraints specified in the competition program (point 6 DIP).
2
The second figurative system overturns literally the image of the prison. Its walls are connected with the urban walls. There is no more a distinction neither in hierarchy nor in function between the two enclosures. The continuity of the routes dissolve all separation and closure. The landscape outside the city walls seems to be to swallow up by the new internal gulf that in the meantime has been formed. A womb in the city disclosing the open which it surrounds. But this solution has one more positive consequence. The stretch of wall along Rampari street is amongst the weakest of Ferrara. Almost indistinguishable for the urban disorder. But in the iconography of Bolzoni (1747) this south side of the city adjacent to the branch of the Volano river, possesses a consistent hold, an unmistakable clarity, almost severe. A raised level, clear and precise, which extends for the entire profundity of the city. In this sense, the stretch of wall is figuratively strengthened recuperating a lacerated physiognomy in a point that historically has been very fragile.
3
The third figurative system regards the area destined to a park located between the museum and the river (7.4.6 DIP). This choice has, however, a double and intimate reason. The water not only recovers with its shapes an original image of the fragility of the place but also a "theological" image coming from the Tanak, the most authentic source of Hebrew tradition. However, this flat figure, which is generated by the branch of the Volano river (coming from remote distances) gathers on itself and extends its pistil along all of the interior and major axis of the museum until it reaches the heart (the hall of Torah).
Three levels
The entire project is organised around three principal levels. Having as a reference the altimetrical zero (0.00) of Piangipane street, at + 4.00 the level of the walls, the highest level of access. At -3.40 the level of Rampari street, the intermediate level. At -9.00 the lowest level of the water park, the access from the external side of the urban wall, however in direct connection with the museum spaces.
Accessibility
To the system of boundary walls is entrusted the hierarchy and the plurality of the accesses. The principal one occurs at the high level of the walls, in relation to the urban horizon. The walls of Ferrara establish a big ring connection with the museum, and if they were not interrupted for reasons that should perhaps be rethought, would reconstitute a magnificent circuit, the great perimeter of the museum. However, the main access is foreseen on the north side of building B, at a level of +4.00, and passes through the entire width of the building, forming a sheltered porch on the north façade. The intermediate access occurs from Rampari street, that is, on the south side. A double system of ramps (90 m.) inserted between the east and west walls, connecting the difference oflevel -3.40 +4.00. The main entrance is positioned at + 4.00 allowing all the internal routes to be oriented towards the south and descend to the lower levels. Also from the water park (-6.00) is foreseen a direct connection through the use of the elevators located near the main entrance. However, all the levels are served by a systems of sloping ramps ranging from 3 to 6%. Piangipane street is also connected with routes at + 4.00 by two short flights of stairs to satisfy the flexibility and ease of connection with the level of the city.
Expansion of volumes
The conservation of the disposition of volumes of the buildings B and C above ground, requires the expansion of space by lowering the level of the internal courtyards. It is therefore foreseen to dig to an average depth of 7.00 m to reach a level of -9.00. In this way new exhibition volumes are gained, however, always and directly lit from the outside. The perimeter walls of the jail are lowered as well to make connections between the various levels. This makes it possible to detach all together the former prison walls from the surrounding ground, having foreseen the use of deep diaphragms at the perimeter to isolate the structures from the water table. An important figurative increase that reinforces the masonry walls rooted in the soil (and soul) of the city.
Exhibition spaces
The building B is completely reorganized in its spatial distribution. In it are the most representative and symbolic functions of the museum. In the building C the three floors bound by the competition program are preserved, however it is foreseen the insertion of the exhibition of the historical-narrative functions. At level -9.00 is developed a large space for temporary exhibitions and cultural activities also in connection with the large water park of the Volano river.
Torah hall
In it all the routes and visuals converges and distributes and which is situated under the main entrance of Building B. It connects the level +4.00 to level -7.00 and therefore also relates to all levels. “Punto velico” (velic point) of the museum with which it registers its position, the entire figurative system of walls (external routes) and the entire figurative system of water tied together. It contains the five Megillot of Torah (the scrolls of the Law, the Pentateuch). Just below, on a smaller scale but more numerous the Midrashim and Targumim (the scrolls of interpretation and translations). The Megillot rotate slowly. From their movements spring drops of water that spouts out of the wall on the other side and gather together with those of Midrashim and Targumim. The trickle of water indicates the direction of the main axis of the museum, the internal route, and its views. Just outside of the walls, already indistinguishable the difference between the city and jail walls, the line of water divides into four branches in the rivers Gan in Eden (the Garden) to irrigate the nations of the Erets.