Padiglione di accesso agli scavi dell'Artemision di Siracusa
In passato, costruire sui resti e con i resti degli edifici antichi era una comune pratica di rigenerazione. L’architettura si offriva come forma di “risarcimento”, rimandando l’ineluttabile perdita finale degli edifici “ad un più lungo avvenire”. Oggi, invece, sembra qualcosa di “straordinario”, gli edifici sono simili ad elettrodomestici a scadenza preordinata, destinati ad alimentare future discariche.
La realizzazione del padiglione sui resti delle fondazioni del tempio ionico pone l’archeologia come materia attiva e fondativa dell’architettura. Marguerite Yourcenar, nelle “Memorie di Adriano”, offre una chiave di lettura rara sulla stratificazione e ricostruzione nei siti antichi. A tal riguardo scrive: “… milioni di vite passate, presenti e future, quegli edifici recenti, nati su edifici antichi e seguiti a loro volta da edifici ancora da costruirsi, mi sembra si susseguissero nel tempo, simili alle onde…”
Da alcuni anni la città di Siracusa è impegnata attivamente in un vasto programma di interventi di riqualificazione urbana volti al rilancio qualitativo, economico, turistico e culturale. La realizzazione di un “piccolo” edificio a padiglione mette in luce un settore importante del tempio ionico (secondo l’interpretazione di alcuni archeologi dedicato ad Artemide), localizzato nel cuore dell’isola di Ortigia e corrispondente all’Acropoli della città antica.
Il tempio, in parte disvelato, è stato scoperto parzialmente, negli anni ’60, dagli archeologi Gino Vinicio Gentili e Paola Pelagatti, a seguito degli scavi precedenti alla realizzazione di un edificio comunale limitrofo all’area di progetto, ad opera dell’architetto Gaetano Rapisardi. Tale costruzione ingloba, al piano interrato, i resti delle fondazioni del tempio ionico, a cui si accede attraverso una scala di servizio interna all’edificio comunale.
Il Padiglione di accesso agli scavi del tempio ionico si pone in continuità con l’area scoperta negli anni ’60 del secolo scorso. Conterrà prevalentemente i numerosi reperti rinvenuti nell’area e renderà fruibili gli straordinari scavi archeologici inglobati negli edifici.
L'area di progetto, situata nel tessuto urbano, conserva un piccolo affaccio su “piazza Minerva”: era caratterizzata da un vuoto, o meglio da uno squarcio che interrompeva la continuità della cortina edilizia e conteneva all’interno alcuni resti di murature pericolanti, per lungo tempo puntellate, di un edificio comunale demolito negli anni ‘60 del secolo scorso. Vi era anche una grande cabina enel, un prefabbricato di cemento, a vista su piazza Minerva. Tale stato non rispondeva a nessun criterio di qualità; sul lato opposto, infatti, vi è l'eccezionale presenza della colonna d'angolo del peristilio del tempio di Atena, inglobato nel sistema murario della cattedrale.
Il progetto realizza, mediante lo scavo archeologico, il collegamento con un'area “sepolta”, oggi poco conosciuta, quella dei sotterranei dell'edificio comunale che custodisce parte della testimonianza millenaria dell’isola di Ortigia. In questa si individuano i resti delle fondazioni del tempio ionico, di alcune capanne sicule della tarda età del bronzo e la cripta della chiesa di S. Sebastianello.
Il progetto trova la genesi nell’area di sedime che è stata interpretata come genius loci creatore di spazi; il padiglione è concepito come un “monolite” di calcare duro, generato dal “magnetismo” delle vestigia sotterranee del tempio ionico e dall’ adiacenza dell’Athenaion. La colonna d’angolo di quest’ultimo dista dal padiglione soltanto 18,30 metri. L’interno del padiglione è caratterizzato dal forte movimento plastico, per cui l’androne di connessione e accesso al piano archeologico è stato immaginato come una cella aperta, ad interpretazione della memoria del nàos del tempio ionico che genera all'interno dell'edificio uno spazio “ipetrale”, simile ad un’opera di “scavo” attuata nella massa dell’edificio. I materiali e l’illuminazione interna del padiglione sono interpretate come evocazione contemporanea di un ipogeo, memoria delle Latomie del Paradiso di Siracusa. Il padiglione è caratterizzato dalla penombra e dalla luce misurata con parsimonia, che filtra attraverso una grande “lanterna” che diventa una camera di luce sugli scavi sottostanti; tale accorgimento accentua il carattere sotterraneo dell’intervento.
Al termine del percorso si scopre un piccolo giardino ombreggiato e fresco, una sosta deliziosa prima dell'uscita.
Nella Historia naturalis, Plinio il Vecchio racconta che il tempio di Diana, a Efeso, era scampato alle più violente scosse telluriche perché le sue fondamenta erano protette da “… uno strato di carbone e da un altro di velli di lana. Quando arrivavano le scosse, l’edificio sacro non ondeggiava paurosamente: scivolava dolcemente sul terreno, e rimaneva indenne …”
Gli allineamenti e le giaciture dei piani di appoggio esatti della struttura portante del padiglione sono scaturiti dalle peculiarità del sito, dal rilevato del piano di fondazione individuato dallo scavo archeologico stratigrafico. La notevole valenza archeologica del sito ha imposto la realizzazione di una peculiare struttura portante del padiglione, costituita da un sistema puntuale e circoscritto di “appoggi”, isolatori sismici elastomerici HDRB/LRB. Gli isolatori sono posizionati alla base dei pilastri della struttura portante del padiglione.
I sei isolatori antisismici installati sono ad alta dissipazione di energia in elastomero con nucleo in piombo, sono costituiti da strati alternati di elastomero ed acciaio, resi solidali mediante processo di vulcanizzazione e nucleo centrale dissipativo in piombo.
Sono stati installati anche due apparecchi d’appoggio multidirezionali in elastomero armato, costituiti da strati alternati di elastomero naturale ed acciaio laminato.
La struttura del padiglione, del tipo a telaio, non poggia direttamente sul sito archeologico ma su cuscinetti elastici e ha richiesto la realizzazione di un giunto sismico perimetrale all’edificio. Il giunto denota lo stacco dell’edificio dal suolo e conferisce alla compatta massa dell’edificio, “vestito” da un omogeneo strato di blocchi di calcare, un senso di levitazione.
L’apparente assenza della fondazione genera nell’edificio delle presenze invisibili, presenze che sembrano far lievitare l’edificio che come un magnete “risponde” al polo opposto.
Il padiglione determina una ricucitura urbana che ripristina la continuità dei fronti di piazza Minerva.
Il rivestimento perimetrale dell’edificio è caratterizzato da una trama ed una tessitura muraria poco enfatica che favorisce la strutturazione di un paramento murario e rimanda ad un carattere di tipo medievale o catalano. Sono i caratteri prevalenti che strutturano la composizione muraria di base di molti edifici di Ortigia, su cui si è innestato il barocco dopo il sisma del 1693.
La trama e la tessitura del rivestimento evocano il paramento murario catalano della chiesa di S. Sebastianello. La chiesa era situata nell’area adiacente al padiglione e fu demolita per la realizzazione degli edifici comunali del Rapisardi. A tal proposito, su piazza Minerva si intende realizzare il fronte di un edificio “silente”, che ascolta il suono proveniente dagli straordinari monumenti limitrofi. Un unico accento è costituito da un taglio verticale nella parete che opera una connessione visiva e spaziale diretta tra i reperti del tempio ionico e la colonna d’angolo del tempio di Atena.
Il padiglione si pone in continuazione con il giardino di “Artemide”, limitrofo all’area di scavo, interno all’isolato. Il giardino è stata la prima fase di un intervento globale, che trova il suo completamento con l’assetto dell’area “libera” su piazza Minerva, tramite la realizzazione del padiglione di accesso agli scavi del tempio ionico. Il giardino, secondo un processo di vivificazione della memoria storica e dell’immaginario mitologico, recupera le potenzialità di un’area fortemente stratificata. Tale spazio è stato così immaginato come “offerta” ad Artemide che, nell’immaginario mitologico, è rappresentata come dea vergine della fertilità, protettrice delle belve feroci, dei boschi e delle ninfe.