L’opera è parte di un restauro più ampio, curato dall’amministrazione comunale di Benevento, che ha interessato il recupero funzionale dell’ex Convento seicentesco di S. Domenico, dopo la dismissione da sede del Tribunale.
Una forte idea propositiva indicava quest’area come “cerniera” urbana di connessione tra livelli
Differenti della città; dunque agorà raggiungibile attraverso un percorso preciso che dall’asse principale della città e attraverso il cortile del convento confluisse all’interno del giardino per poter poi raggiungere la parallela via Annunziata a quota inferiore.
La destinazione a sede amministrativa della nuova Università di Benevento, all’interno dell’ex Convento,ha momentaneamente impedito la realizzazione di questa incisiva connessione urbana.
Nello spazio giardino definito dal fronte del convento, da un vecchio muro finemente composto di ciottoli e mattoni e da una quinta di edilizia minore di carattere medievale, il progetto affronta il tema della ridefinizione dei margini entro i quali mettere in scena la rappresentazione dell’arte.
L’architettura dell’Hortus è ,di fatto, interamente dentro il tema: una lunga doppia parete, la “galleria”, argina il giardino nel suo punto più labile, definisce l’accesso ed apre, attraverso un portale di nove metri di luce, alla piazza dei rimandi di pietra e bronzo.
Sul fondo della galleria, gradonata per recuperare la differenza di quota tra la corte del convento ed il piano del giardino, una vasca d’acqua costituisce il terminale ambiguo che riflette l’immagine del cavallo di bronzo posto sul muro di confine , mentre sulla parete di fondo della galleria , una testa anch’essa di bronzo immette dal suo orecchio un filo continuo di acqua..
Altro punto di erogazione è dato da un’altra scultura composta da un otre e tre serpenti posta ai margini esterni della vasca rettangolare ; la differente sonorità di caduta dell’acqua rimanda alle tradizioni arabe espresse magistralmente nell’Alhambra.
All’interno della piazza ,pavimentata con pietre locali miste a laterizi ,tufi e pietre laviche, trova posto l’altro elemento scultoreo ,complementare al cavallo : un disco in bronzo di 5 metri di diametro posizionato verticalmente ,ma con lieve inclinazione, per accentuare la forte tensione.
La realizzazione di questo progetto fusione tra architettura ed arte, testimonia un operare insolito che spinge la sperimentazione dell’intreccio tra le arti a travalicare i margini consueti.
Così mentre il muro rosso assorbe dentro di sé l’eco di segni ordinati sulla sua superficie e le ombre di figurazioni autonome dentro il vuoto di una finestra o nelle teorie dell’azzurro giù fino al cobalto, gli elementi del sistema scultoreo e pittorico si distribuiscono con un ordine preciso dentro lo spazio e tracciano il disegno di un’altra architettura.
Nota bibliografica
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