Il rapporto con la verticalità della montagna alle spalle e l’orizzontalità del mare in lontananza rappresenta l’elemento generatore dello sviluppo dei volumi. Le loro forme semplici, i fronti compatti ed orizzontali che rifiutano la doppia elevazione, interpretano il senso di un’architettura che radicandosi, evocando l’idea di banchi di roccia staccati dal fianco della montagna, si propone di realizzare un’effettiva integrazione tra il costruito e il suolo.
Collocati nella parte più elevata del lotto, i due corpi tangenti, destinati alle due unità abitative, si divaricano in testa in modo da garantirsi un’ulteriore esposizione, delimitando così una parte del giardino più riservata e introversa, aperta esclusivamente verso il mare ed il paesaggio dell’Isola delle Femmine. Il progetto cerca il dialogo con gli elementi della natura ormai fagocitati dalla crescita disordinata di questa periferia, esclude la vista del contesto urbanizzato verso il quale si chiude fino a riaprirsi verso la città alla quota del tetto-giardino conquistando un punto di vista privilegiato sul golfo.
Alla semplicità dei volumi corrisponde per contrapposizione la ricerca di un’articolazione planimetrica e spaziale più complessa che si sviluppa attorno alla continuità del percorso, alla compenetrazione tra le due cellule, al rapporto interno-esterno, al binomio compressione-dilatazione ottenuto attraverso lo studio in sezione degli spazi.
Le case costituiscono morfologicamente un’unità, ma si distinguono per i caratteri tipologici: da un lato, la più grande delle due cellule, per una famiglia, è concepita secondo un principio di organizzazione interna che privilegia la continuità dello spazio destinato agli usi collettivi, riducendo al minimo consentito le dimensioni delle camere da letto, dall’altro, nella cellula più piccola destinata a una coppia di anziani, le singole funzioni sono organizzate in modo più tradizionale.
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