Riqualificazione delle aree del quadrante Nord e Nord Est di Torino: ambito "Scalo Vanchiglia"
Scalo Vanchiglia
Obiettivi
La moltitudine che animerà le città del futuro chiederà di abitare in modi molto differenti tra loro e chiederà di poter condividere un progetto collettivo. La città è lo strumento che può consentire di raggiungere questo obiettivo, lasciando convivere stili di vita diversi e rendendo visibile un progetto comune capace di coinvolgere tutti i cittadini.
La Torino del futuro deve quindi essere una città tollerante, aperta, multiforme, e allo stesso tempo deve rendere visibile (anzitutto ai suoi abitanti) un progetto in cui sia possibile identificarsi. La Torino del futuro dovrà essere sostenibile; dovrà affrontare i suoi problemi da un punto di vista consapevolmente globale, e valutare le strategie urbane tenendo conto di tutte le complesse serie di influenze reciproche che si producono nella città. La città sostenibile è infatti anzitutto una città che tiene conto di tutte le esigenze di tutti i suoi abitanti, una città che attiva energie molteplici in un progetto comune e che espone apertamente questo progetto, in modo che sia facile contribuirvi da parte di tutti. L’architettura di questa città del futuro non può che essere, secondo la splendida definizione di Mies van der Rohe, l’espressione visibile di un punto di vista che altri desiderano condividere.
Condizioni
Dobbiamo analizzare Torino senza pregiudizi e dobbiamo immaginare il suo ruolo in uno scenario internazionale sempre più competitivo e complesso. In questi anni Torino è stata forse l’unica città italiana ad affrontare seriamente questo compito, tuttavia non si tratta di un problema risolto per sempre. Torino deve continuare a definire la sua posizione in una geografia mondiale di città, attrattori, risorse, potenzialità sempre più mutevole. Questo esercizio cartografico quotidiano è fondamentale per produrre ipotesi sulla trasformazione della città, per individuarne le risorse, per riconoscere modelli di trasformazione pertinenti.
Torino non deve crescere copiando i modelli delle metropoli emergenti, ma competendo con le citta' medie, innovative ambiziose. Torino infatti ha una popolazione relativamente esigua, un costo del lavoro molto alto, una inerzia piuttosto forte. Allo stesso tempo Torino ha sviluppato uno straordinario legame con un territorio ricco e complesso; Torino possiede una struttura urbana particolarmente interessante e ricca di potenziale; Torino possiede una cultura produttiva diffusa e di altissimo livello. Queste considerazioni definiscono lo sfondo per iniziare ad immaginare il progetto. A partire da queste considerazioni, proviamo a costruire una città normale, ad usare intelligentemente la tradizione. Proviamo a immaginare una città del futuro che sia una città piemontese: sobria, elegante, rispettosa, riservata. E anche imprevedibile.
Descrizione
Torino nasce in luogo geografico molto speciale, dove le montagne terminano e confluiscono il Po, il Sangone, la Dora e la Stura. La compostezza con cui la città reagisce a questo luogo è una conseguenza della ricchezza del paesaggio che incontra. La città apparentemente statica ed omogenea è, in realtà, un dispositivo straordinariamente sensibile di osservazione del territorio. La griglia si apre sempre sulle montagne e sui fiumi. Le Alpi e la collina appaiono sempre al termine delle sue prospettive.
Il progetto della città del futuro dovrà essere ancora una volta un progetto di paesaggio. La città del futuro dovrà riuscire a leggere il territorio in cui si colloca, decifrando la geografia dei luoghi e costruendo costellazioni che possano avere senso all’interno di un più ampio sistema territoriale.
Torino è riuscita per secoli a tradurre nella ridottissima lingua resa possibile dal reticolo ortogonale tutte le particolarità geografiche dei luoghi che la griglia veniva a misurare. Torino è stata capace di espandersi estendendo la sua regola, scoprendola ogni volta insospettabilmente adeguata. Il tessuto urbano si è esteso come materia sensibile, sviluppando centri e reagendo poi agli impulsi che questi avevano generato, disseminando tracce sottili nella apparente uniformità della scacchiera. Torino dovrà imparare da Torino, dalla sua capacità di digerire e sublimare la trasformazione, di registrarla attenuandola sistematicamente, ma non rimuovendola del tutto.
Ipotesi generali
Le trasformazioni innescate dal Piano Regolatore del 1995 e, in particolare, la realizzazione del passante ferroviario, definiscono un preciso indirizzo per le future politiche urbane della città.
Questo processo di trasformazione, che ci pare non solo condivisibile, ma esemplare all’interno della realtà italiana, si basa su una precisa lettura del territorio in cui la città va a inserirsi. All’interno di questo territorio viene individuato un sistema di fiumi, parchi, antiche residenze reali e potenziali aree verdi (che potranno sostituire alcune aree industriali dismesse lungo i fiumi), che compone lo sfondo su cui qualsiasi nuovo progetto deve inserirsi. Queste condizioni forniscono a Torino una straordinaria opportunità per immaginare una nuova città, per definire un nuovo equilibrio tra luoghi non più separati.
La costruzione di un’ipotesi di lavoro per le tre aree di concorso deve quindi inserire il progetto all’interno del dibattito che si è sviluppato negli ultimi anni, senza per forza assumere gli ultimi risultati come elementi definitivi, ma inserendoli all’interno di una complessa successione di proposte, a cui è possibile attingere e con cui è necessario collaborare. Torino ha infatti investito in questi anni sulle tre aree di concorso energie intellettuali notevoli e le conoscenze così accumulate non devono essere sprecate. È quindi possibile utilizzare idee precedenti, senza per forza volersi distinguere. Soprattutto ci pare opportuno soffermarci sulle analisi e sulle proposte che sviluppano un discorso alla scala dell’intera città, derivandone conseguenze per le differenti aree. Tra questi lavori e' importante considerare il piano regolatore di Gregotti Associati, a patto di liberarlo da una lettura pigra e scontata.
La costruzione di un’ipotesi di lavoro convincente per le aree di concorso deve misurarsi con tutto il territorio cittadino e deve conseguentemente affrontare il problema nella sua interezza, inserendo i tre ambiti all’interno di un discorso unitario. Per questo motivo abbiamo scelto di lavorare su tutte le tre aree di concorso, suggerendo una strategia unitaria, pur riconoscendo i tre temi come distinti e proponendo soluzioni rigorosamente indipendenti e contenute all’interno degli ambiti di concorso. Occuparsi di una sola area rischia infatti di restringere eccessivamente il campo della ricerca, limitando gli scopi del progetto ed incoraggiando a trascurare le conseguenze che si producono sulle altre parti della città. Al contrario, lavorare a tutte le tre aree contemporaneamente significa dotarsi, per ogni progetto, di ulteriori strumenti di verifica interna. L’identità delle singole aree di concorso emerge con maggiore nettezza dal confronto con le altre. La chiarezza del discorso globale si traduce in precisione delle proposte specifiche.
Il nuovo percorso della metro 2 forma un'eccezionale connessione all'interno della città. Il nostro progetto cerca di rafforzarla attivando un nuovo sistema di assi veicolari e ciclopedonali, espressamente non coincidenti con il suo percorso. La connessione fornita dalla nuova linea della metropolitana rende infatti superfluo qualsiasi enfasi sul collegamento pedonale tra la Spina 4 e lo scalo Vanchiglia. Unire le due aree attraverso un boulevard verde appare un gesto ridondante e, in definitiva, condannato all’insuccesso. Più interessante è costruire un equilibrio urbano più articolato, scoprendo figure latenti all’interno di una geografia per nulla scontata. Un possibile tridente fa capo a piazza Rebaudengo: da un lato, la via Porpora/Cimarosa (un interessante e sottovalutato asse da rafforzare) collega Spina 4 con Vanchiglia, e come asse ciclopedonale può arrivare, attraverso il cimitero e attraverso i due fiumi, fino oltre corso Casale, dall'altro via Toscanini può arrivare a congiungersi direttamente alla Spina attraverso la nuova rotonda al centro del parco Sempione.
In questo modo il nuovo complesso di Spina 4, il cimitero e la zona dello scalo Vanchiglia, il Parco Sempione, il Parco della Colletta e le aree verdi lungo il Po e la Stura fino alla Venaria e il sistema di piazze disposte attorno all’ex trincerone ferroviario vanno a comporre una nuova costellazione urbana che ha i suoi fuochi nella rotonda di Spina 4, in piazza Rebaudengo, in piazza del Donatore di Sangue e nella nuova piazza all’incontro di via Regaldi e via Cimarosa.
Questa rete stradale mette in relazione i tre ambiti di progetto, che vengono occupati da pezzi di città molto differenti, ma sempre complementari alla città con cui si misurano. A Spina 4 appaiono tre grandi edifici dal programma complesso, raggruppati attorno ad una colossale rotonda, che accoglie nel suo incavo ospitale i più svariati usi metropolitani. L’area dello scalo Vanchiglia si riempie di isolati dal perimetro regolare, che racchiudono orti e giardini all’interno delle corti. L’ex trincerone ferroviario di corso Sempione/Gottardo viene interamente occupato da un nuovo tessuto edilizio fatto di veri e propri isolati, che rimuove la frattura nel quartiere Barriera di Milano; nuove abitazioni, servizi e piccoli spazi pubblici ricompongono un paesaggio urbano gradevole e quotidiano.
Le aree verdi comprese nelle tre aree di progetto sono di quattro tipi: giardini ed orti privati inclusi nel tessuto urbano, viali alberati, estese aree verdi produttive e parchi tradizionali all’inglese. Questo sistema di spazi verdi alle differenti scale si misura con il paesaggio in cui si inserisce la città e si intreccia con il progetto urbano. Gli orti, i giardini ed i viali corrispondono alla geografia artificiale delle direttrici urbane, il verde produttivo urbano (pioppeti per la produzione di biomassa vegetale) corrisponde alle colture della campagna torinese, i parchi con disegno all’inglese corrispondono al sistema dei parchi urbani e delle regge sabaude. Il sistema del verde stabilisce in questo modo relazioni molteplici con la città e con il territorio, scoprendo una rete sottile e complessa di nuove possibili relazioni.
La nostra proposta accetta alcuni suggerimenti dalla Torino storica: riconosce i tempi lunghi della crescita della città e prescrive un'umiltà di fondo per tutti gli edifici che propone di realizzare (propone di realizzare case che sanno di non essere le uniche al mondo). Dalla città storica, accettiamo anche di pensare lo spazio pubblico come qualcosa di prezioso, e quindi relativamente raro, non esteso uniformemente in base a fraintesi criteri di equità. Per avere qualità, lo spazio pubblico deve infatti essere distribuito con precisione. Questa precisione è possibile solo riducendo la quantità di spazio pubblico ed aumentandone la qualità e l’intensità. In sostituzione di sconfinate estensioni di (presunto) spazio pubblico senza alcun tratto distintivo è possibile introdurre ampie porzioni di verde privato o servizi, che possono contribuire alla figura della città senza essere immediatamente accessibili a tutti. Il verde privato consente inoltre alla città di produrre almeno una parte dei prodotti agricoli che consuma e di ridurre i costi di gestione di un verde pubblico comunque inefficiente, consentendo di concentrare le risorse su alcuni luoghi ben definiti. Si può così costruire una città intensa e verde allo stesso tempo, capace di nutrire i suoi abitanti e capace di produrre la pressione urbana sufficiente ad attivarne gli spazi pubblici.
Aspetti ambientali ed energetici
La sostenibilità della città futura coinvolge una serie di temi ambientali, sociali ed energetici, come si può evincere dalla lettura di qualsiasi documento reperibile sull’argomento, dai libretti divulgativi ai manuali di accreditamento e certificazione. Il progetto di una città sostenibile deve quindi operare a livello ambientale, sociale ed energetico, attivando strategie articolate ed intrecciate. La nostra proposta sceglie di tenere conto da subito di questa complessità, suggerendo iniziative alla grande e alla piccola scala. Ad esempio, la realizzazione di orti urbani non solo produce evidenti benefici sociali ed ambientali, ma consente anche consistenti risparmi energetici, incrementando la permeabilità dei suoli e riducendo la necessità di depurare le acque di dilavamento. Ancora più evidente è il contributo alla costruzione di una città sostenibile delle colture boschive urbane, che forniscono una diretta fonte energetica se inserite in una filiera di valorizzazione del legno, e contemporaneamente contribuiscono alla realizzazione di parchi aperti al pubblico.
I provvedimenti e le soluzioni progettuali che suggeriamo sono stati selezionati sulla base dello studio di protocolli di accreditamento ambientale ed urbano e guide allo sviluppo sostenibile. In particolare sono stati esaminati:
Il protocollo ambiente SB Method, recepito in Piemonte dal protocollo ITACA, per l'edilizia sostenibile e bioedilizia, nella versione sintetica 2009.
Il sistema di certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design, sviluppato dall’U.S. Green Building Council (USGBC), associazione che promuove un approccio globale alla sostenibilità.
Guida “Costruire città sostenibili” a cura di ANCE Lombardia e Legambiente.
Gran parte dei criteri generali sono comuni a tutti i documenti, anche se occorre rilevare che lo strumento che mostra una vocazione più nettamente urbanistica è il protocollo LEED. Nella tabella seguente si riepilogano le scelte fondamentali per la realizzazione di interventi di urbanizzazione sostenibile, identificando i temi intrinsecamente contemplati dal bando concorsuale, i temi introdotti con le soluzioni elaborate dal gruppo di progettazione e gli aspetti destinati ad essere sviluppati nel corso di approfondimenti progettuali a livello di sistema edificio-impianto.
CRITERI DI SOSTENIBILITA’ URBANA
A. Contemplati dal bando
_Riduzione del consumo di suolo vergine o agricolo: trattasi di riqualificazione di aree urbane
_Recupero del patrimonio edilizio esistente
_Riconversione delle aree compromesse e dequalificate.
B. Introdotti con le proposte progettuali
_Inserimento delle aree verdi entro i nuovi scenari urbani: parchi ed orti urbani
_Interfaccia e raccordo tra i sistemi viabilistici e di mobilità pubblica e privata, favorendo l’accesso alla rete ferroviaria e tranviaria
_Promozione della mobilità ciclistica, con strutture per il deposito e la condivisione dei mezzi, ma anche spogliatoi e docce pubbliche
_Cogenerazione a biomassa (filiera corta) e teleriscaldamento
_Aumento della capacità drenante del sito e riduzione delle superfici carrabili: orti urbani e parcheggi con superficie permeabile
_Promozione dell’utilizzo di veicoli a basso impatto ambientale: parcheggi agevolati e sostegno alla diffusione dei centri di rifornimento per propellente alternativo ai combustibili fossili
_Gestione integrata del ciclo delle acque: riduzione dell’uso di acqua potabile (riutilizzo dell’acqua piovana presso gli orti e delle acque grigie per usi non nobili entro gli edifici)
_Gestione avanzata dei rifiuti: raccolta differenziata e valorizzazione della frazione umida (terriccio per i parchi e gli orti urbani)
C. Oggetto di approfondimento progettuale a livello di sistema edificio-impianto
_Materiali riciclabili e biocompatibili
_Produzione locale ed autoconsumo dell’energia solare
_Implementazione di sistema di diagnosi energetica e prestazionale degli edifici in fase di esercizio (domotica e building automation)
_Corretta analisi dell’orientamento e dell’involucro edilizio
_Manuali di conduzione e gestione degli edifici
_Qualità degli ambienti interni e degli impianti di condizionamento ad elevata efficienza
_Riduzione dell’effetto “isola di calore” tramite superfici a scarso assorbimento, ombreggiamenti, captazione controllata con produzione energetica
Lo schema energetico generale dei futuri insediamenti urbani nella zona nord-est di Torino non può prescindere da due considerazioni fondamentali:
volontà della città di Torino di sviluppare la rete di teleriscaldamento in una zona attualmente non fornita da tale servizio e facilmente infrastrutturabile in futuro, in occorrenza di interventi sugli assi viari principali;
politica energetica regionale fortemente incentrata sull’impiego delle biomasse legnose (confronta “Piano Energetico Ambientale Regionale” approvato con DCR n. 351-3642 del 3 febbraio 2004 e “Relazione Programmatica sull’Energia”, approvata il 28 febbraio 2009)
Le attuali città, come qualunque sistema complesso, sono caratterizzate da flussi di materia in ingresso e flussi di materia, anche sotto forma di emissioni, verso l’esterno. I flussi uscenti sono solitamente associati a reflui, emissioni e rifiuti: questa visione inasprisce la tensione tra la città ed il territorio in cui si colloca. Lo schema urbano elaborato riduce drasticamente le esternalità, nel tentativo di favorire il riuso delle masse espulse in un sistema, se non esattamente chiuso, almeno altamente virtuoso, tanto più se si considera che il meccanismo di recupero dei flussi di materia non rappresenta un ingranaggio isolato, ma integra aspetti sociali ed energetici (come ad esempio accade per i parchi e per gli orti urbani). Questo ciclo virtuoso risulta dall’interazione di molteplici elementi:
La centrale di cogenerazione a biomassa collocata nel parco Sempione riceve dai parchi e viali urbani parte del combustibile sottoforma di cippato. Parte del cippato è importato dalla provincia, tramite collegamenti ferroviari in parte alimentabili con la stessa energia elettrica prodotta dalla centrale. Il collegamento ferroviario sarà utilizzato anche per condurre le ceneri ai cementifici che possono utilizzare il sottoprodotto nella confezione delle miscele;
I nuovi edifici dell’ex scalo Vanchiglia, di corso Sempione/Gottardo e di Spina 4, allestiti con sistemi di utilizzo integrato delle acque, recuperano le acque grigie per usi non nobili (sciacquoni, lavaggio piazzali), mentre le acque bianche sono destinate agli orti e ai parchi per fini irrigui. I rifiuti organici vengono conferiti in stazione di compostaggio;
Una nuova stazione di compostaggio collocata nell’ambito delle infrastrutture ambientali collocate nel parco Sempione riceve rifiuti organici, residui agricoli dagli orti, sfalci da pulizia del parco (materiale non cippabile), cenere (per l’elevato tenore di potassio) e restituisce alla città (orti e giardini pubblici) utile terriccio e concimi.
Ogni orto nell’area di Vanchiglia e dell’ex trincerone ferroviario è dotato della propria compostiera.
SCALO VANCHIGLIA
Proposta
La Torino del futuro dovrà imparare anche dagli errori che si sono commessi. Se osserviamo le più scadenti parti di città prodotte negli ultimi anni, ci accorgiamo che è possibile riconoscervi un difetto ricorrente. Questi luoghi, che appaiono letteralmente abbandonati a se stessi, che sembrano non riconoscersi nella città di cui fanno parte e che allo stesso tempo non sembrano essere da essa riconosciuti, sono stati pensati come frammenti autonomi. Sono stati abbandonati alla nascita.
Questo ingrato destino è dovuto al fatto che l’operatore che costruisce questi pezzi di città è, da una parte, troppo piccolo (anche nei casi in cui si tratta di diramazioni più o meno dirette dello stato) per assumersi una responsabilità pubblica e, dall’altra, troppo grande per accettare di sottomettere i suoi interessi economici immediati ad un disegno più generale. Le città che ne risultano sono così fatte di piccole enclavi indipendenti, se non opposte le une alle altre. Questi pezzi di città tutti ostinatamente estranei ai propri vicini sono in realtà sempre uguali. Si estendono in una ripetizione grottesca: sempre lo stesso e sempre fingendo improbabili novità. Una distesa di recinti con dentro 5/10 palazzine, inevitabilmente indifferenti alla città in cui sono collocate. Tutte esclusive, tutte uguali.
Se vogliamo immaginare una città unitaria e molteplice, in cui le differenti parti convivono in un insieme composto di episodi che hanno tutti la stessa dignità, bisogna immaginare meccanismi di produzione della città che possano interrompere questa insensata ripetizione dell’uguale nel nome della differenza. La sperimentazione deve avvenire a livello dei modi di produzione della città. In questo senso il disegno urbano diventa uno strumento per attivare un dispositivo politico-amministrativo-urbanistico capace di produrre una città innovativa e condivisa. La nuova regola urbana diventa così uno strumento per consentire ai singoli cittadini, a cooperative, a iniziative di co-housing, a soggetti imprenditoriali anche piuttosto piccoli di intervenire nella trasformazione e di produrre così una città molteplice e condivisa.
Nell’area dello scalo Vanchiglia è possibile definire una griglia ortogonale coincidente con gli orientamenti del cimitero e dei principali assi viari esistenti. La griglia viene occupata da isolati chiusi, a pianta rettangolare, che adottano le misure suggerite dall’impianto viario circostante. Nell’area di concorso trovano posto 15 isolati e 2 piazze rettangolari disposte lungo la prosecuzione di via Ponchielli, che interseca la griglia in diagonale, incontrando via Cimarosa e via Regaldi. La griglia definisce il minimo di regole necessarie a lasciare apparire le differenze all’interno della città.
La nuova struttura urbana è organizzata molto semplicemente e consente grandissima libertà nell’interpretazione del modello proposto. I vincoli sono molto pochi (altezza massima 25 m, spessore massimo del corpo di fabbrica 13 m, obbligo di costruire in aderenza). Gli isolati sono estremamente ampi (in media 120 x 80 m) e lasciano molto spazio a verde all’interno. Dentro la corte ci sono orti privati e serre (che offrono la possibilità di coltivare un pezzo di terra ad almeno il 20% degli appartamenti, contribuendo non solo alla qualità ambientale dell’intero isolato, ma consentendo di sviluppare una produzione agricola alla piccola scala che potrà contribuire all’economia delle famiglie monoreddito) e servizi pubblici alla piccola scala (asili, palestre, piscine). Gli isolati, in questo modo, sono interamente verdi (la superficie permeabile totale del quartiere è di 170.000 mq, pari al 46% dell’area di concorso, a cui si devono aggiungere 728.000 mq del Parco della Colletta) Le cortine edilizie piuttosto sottili (13 m) consentono di immaginare che ogni appartamento goda di doppio affaccio, e quindi delle migliori condizioni di ventilazione.
Nell’isolato convivono produzione e residenza, ma anche agricoltura, alimentazione, tempo libero.
L’isolato funziona come un dispositivo capace di produrre pressione urbana senza rinunciare alla presenza di abbondanti superfici verdi all’interno della città. L’isolato protegge i suoi ampi orti e giardini producendo città all’intorno; un esoscheletro di pietra difende un cuore verde.
L’isolato funziona come un atomo di città. È complesso come la città, ibrida e molteplice fin dal suo elemento più minuto. Nella sua ostentata semplicità, l’isolato preferisce produrre complessità ad esibire complessità, preferisce accogliere differenze piuttosto che sfoggiare bizzarrie. La sua figura regolare consente tuttavia la massima libertà di interpretazione. Invece di stupire con forme bizzarre (e terribilmente prescrittive), la serie banale degli isolati si lascia popolare di eventi imprevedibili. La trasformazione è realmente trasformazione collettiva, gli autori della città sono esplicitamente molti.
Gli isolati possono accogliere townhouses su 3 piani, case a schiera, edifici di appartamenti e uffici, edifici pubblici. La massima flessibilità programmatica coincide con la più rigorosa regolarità urbana. La massima adattabilità nel tempo corrisponde all’estrema semplicità delle regole da seguire. Gli isolati potranno accogliere funzioni e popolazioni differenti: nell’isolato sarà possibile lavorare e/o abitare; ci saranno spazi commerciali ed edifici pubblici, orti, serre. L’isolato ospiterà una popolazione complessa, le townhouses si affiancheranno all’edilizia sovvenzionata, le case di appartamenti per il ceto medio si mescoleranno alle case-studio dei professionisti più innovativi.
Gli isolati di Vanchiglia accolgono una popolazione “normale”. Tra questi abitanti “normali”, ci sono anche quelli meno abbienti: donne, uomini, bambini, anziani, italiani e stranieri, che hanno in comune l'impossibilità di sostenere ingenti mutui, o pagare 200 euro/mq annue. Le precarietà lavorative sono infatti più comuni di quanto si voglia ancora pensare.
I nuovi isolati offrono una serie di servizi alla residenza che contribuiscono ad innalzare la qualità relazionale tra gli abitanti abituandoli ad interagire tra loro e ad assumere maggiori responsabilità nella conduzione degli spazi abitativi comuni e nella gestione della vita condominiale. Alcune di queste popolazioni saranno portate ad abitare con maggiore temporaneità come ad esempio gli studenti o i lavoratori temporanei, questa tendenza incrocerà stili di vita di popolazioni più stabili, come le giovani coppie italiane e straniere che hanno appena iniziato un percorso di stabilità familiare oppure ancora gli anziani. Gli spazi verdi semi-pubblici e i piccoli servizi pubblici all’interno delle corti diventeranno un dispositivo relazionale di fondamentale importanza, combinandosi con gli orti, che non solo consentiranno di riappropriarsi di un rapporto positivo con la natura pur all’interno della città, ma offriranno occasioni di scambio e di interazione, in particolare per la popolazione anziana. Ogni isolato diventerà un microcosmo riconoscibile, con una identità prodotta dalla propria composizione sociale.
La realizzazione del nuovo quartiere di Vanchiglia avviene in modo lineare. La Società di Trasformazione Urbana (STU) proprietaria dei suoli realizza le infrastrutture viarie (tra cui la metropolitana) e i parcheggi interrati al di sotto degli isolati. Di seguito cede i parcheggi ed il diritto di edificare al di sopra. La realizzazione dell’intervento avviene per fasi. Quando i primi isolati sono completi, si procede alla realizzazione dei parcheggi degli isolati successivi. I lotti in vendita corrispondono al passo strutturale dei parcheggi. La STU definisce, isolato per isolato, e tenendo conto della congiuntura economica che caratterizza i differenti momenti su cui si sviluppa un progetto di così lungo periodo, le condizioni per la cessione del diritto di edificare, favorendo i soggetti imprenditoriali più piccoli (fissando, ad esempio, un limite massimo di mezzo isolato all’ampiezza dei lotti in vendita) o le categorie più svantaggiate socialmente (facilitando i progetti di edilizia sociale, il co-housing, ecc.). La STU realizza inoltre i piccoli edifici pubblici, gli spazi pubblici ed il verde pubblico compresi nel quartiere.
Il meccanismo politico-amministrativo-urbanistico che proponiamo distingue tre fasi: la fase di regolamentazione del suolo a cura dell’amministrazione comunale e della STU, la fase di urbanizzazione a cura della STU e la fase di costruzione a cura dei differenti operatori privati. Dividendo nettamente le tre fasi e distinguendo precisamente le decisioni che vengono assegnate ai differenti soggetti coinvolti nel processo, la nostra proposta immagina un percorso amministrativo molto semplice, che rinuncia da subito alle ambigue velleità formali del masterplan. Infatti il masterplan è uno strumento ingannevole, che ambisce alla compattezza di un piano barocco, in cui un unico decisore è responsabile delle decisioni giuridiche e formali che riguardano la nuova parte di città, senza possederne la forza. Infatti il controllo formale necessario per portare a termine il masterplan non c’è mai perché le fasi che si vogliono unire sono comunque giuridicamente distinte e, contrariamente alle trasformazioni barocche, si sviluppano su tempi molto lunghi e coinvolgono un gran numero di decisori, il che finisce sempre per compromettere la compattezza tutta “formale” del masterplan. Il masterplan serve quindi solo a confondere questioni urbane e questioni architettoniche, costringendo ad adattarsi ad imperscrutabili volumetrie, tanto azzardate in origine (in quanto basate su vaghissime previsioni), quanto tassative al termine del processo burocratico che le rende operative. Proponiamo di fare a meno del masterplan, adottando un processo decisionale più chiaro ed evitando di moltiplicare gli enti. L’amministrazione traccia le strade e fissa le regole, la STU realizza le infrastrutture e accompagna il processo, i privati contribuiscono liberamente alla costruzione di una città semplice e plurale. La chiarezza delle regole suggerite per gli isolati permettono di non fissare in maniera definitiva le quantità. Data la superficie edificabile e l’altezza massima degli edifici, le superfici commerciali e residenziali possono variare, espandendosi o riducendosi in rapporto agli andamenti del mercato.
Il nuovo sistema di isolati che si lega al cimitero, lascia emergere un nuovo, e più esteso, sistema di verde che include il corso Regio Parco ed il Parco della Colletta. La città ortogonale, ancora una volta, funziona come strumento che lascia apparire il paesaggio.
Il Parco della Colletta si espande a ovest, fino a lambire via Bologna. Il nuovo parco è composto da estensioni di verde produttivo (pioppeto per la produzione di biomasse vegetali) che racchiudono un’isola di parco romantico all’inglese che segue il percorso della antica roggia. Il parco all’inglese appare all’interno del verde produttivo come un sistema di spazi pubblici, una successione di “piazze” che assumono anche un valore didattico si sviluppa attraverso le piantagioni produttive. Il nuovo parco si mette così in relazione con il parco esistente e con i fiumi che lo delimitano a sud e a est.
La nuova struttura urbana consente di trasformare corso Regio Parco in un asse ciclo-pedonale, che ricostruisce la relazione tra i Giardini Reali ed il Parco della Colletta. La viabilità su corso Regio Parco viene sostituita da quella sul nuovo asse di via Regaldi che, collegandosi al nuovo rondò Sempione/Bologna, si riconnette correttamente con la viabilità primaria garantendone continuità ed integrazione. Tra il cimitero e i nuovi isolati, corso Regio Parco si trasforma in una sequenza di stanze a cielo aperto, invase da coltivazioni di fiori e da botteghe di marmista a servizio del cimitero.
La nuova città non mette direttamente in discussione regolamenti edilizi ancora basati su logiche ottocentesche (è davvero necessaria una fascia di rispetto di 150 metri attorno al cimitero a Torino nel 2050? Non è forse possibile considerare le epidemie causate dai cadaveri un problema superato?), allo stesso tempo la città prova a immaginare nuovamente una presenza della morte nella vita e nella figura della città. Fare contento Foscolo. Provare immaginare come la morte compare nella città. E farlo con dolcezza, senza spaventare, senza rimuovere. E' anche alla luce di questo che l'asse ciclopedonale di via Cimarosa non teme di attraversare il cimitero con funzionale disinvoltura.
Aspetti economico-finanziari
Superficie: 750.000,00 mq di slp
L’ambito è suddiviso in isolati “a corte interna” costituenti singoli sub ambiti di intervento con destinazioni d’uso:
_attività produttive avanzate e di ricerca, artigianali e di servizio
_attività terziarie, uffici
_attività ricettive
_servizi privati
_residenza
_attività commerciali
Per tutti i sub-ambiti di intervento e le unità minime di intervento (UMI) la STU:
a. Coordina la progettazione urbanistica esecutiva e la progettazione delle opere di urbanizzazione (utilizzando strumenti che garantiscano la qualità e unitarietà oltreché il rispetto degli indirizzi e degli input derivanti dal concorso/progetto della variante)
b. Esegue con mezzi e finanze proprie: opere di urbanizzazione primaria, opere infrastrutturali principali e parcheggi interrati
c. Bandisce e gestisce concorsi e gare per la progettazione preliminare dei singoli sub-ambiti o delle singole UMI
d. Commercializza le UMI all’interno dei singoli ambiti mediante ricorso a strumenti/soggetti diversificati e mediante vendita delle aree a parcheggio e vendita delle capacità edificatorie:
Vendita delle capacità edificatorie (commerciale, terziario, residenziale) di interi ambiti/UMI (fino a 1/3 del totale dell’ambito e fino a 1/2 di ogni isolato) a operatori privati, di grande dimensioni (con capacità economiche/finanziarie idonee per esecuzione di 20.000/30.000 mq di slp)
Vendita delle capacità edificatorie (commerciale, residenziale) a operatori privati di piccola/media taglia idonei all’esecuzione di interventi con sviluppo di 5.000 mq di slp, tra cui:
Operatori immobiliari e imprese di piccola/media taglia:
Costruttori e società locali già operanti nel settore
Cooperative private
Promotori di progetti co-housing, coresidenza, vicinato elettivo
Singoli privati che acquistano un lotto edificabile per uso proprio
Cessione dei diritti edificatori a soggetti realizzatori pubblici (ATC, Consorzi pubblici per la casa, etc.) o fondazioni promotori di housing sociale che in sinergia possono realizzare residenze in edilizia convenzionata o destinata alla locazione a canone controllato/sociale.