Bosco d'Arte
Il progetto nasce dal confronto con la natura labirintica dell’Arte Contemporanea.
Con questo termine si indica una particolare modalità di lavoro dell’arte contemporanea; modalità operativa che ha modificato profondamente la cultura museale e sta rinnovando la tipologia dei Musei di Arte Contemporanea.
La tradizione illuminista e enciclopedica ci ha lasciato l’idea di un possibile ordinamento logico delle opere d’arte.
Nei Musei e nelle Gallerie tradizionali infatti, i manufatti vengono disposti in successione, seguendo tematiche temporali o stilistiche.
Attorno a un percorso pubblico lineare, le opere d’Arte vengono disposte a livello degli occhi del visitatore come segmenti di un orizzonte continuo, come tappe di un cammino evolutivo comune che va nella direzione del Progresso civile e conoscitivo.
Questo teorema ha funzionato dal XVIII al XX secolo perché effettivamente la Storia dell’Arte sembrava essere parte (insieme alla scienza, alla politica e all’industrialesimo) di un progresso collettivo, dove la finalità del Museo (nato con la Rivoluzione Francese) era quella di divulgare socialmente un sapere che un tempo era soltanto aristocratico o religioso.
Nuovi dispositivi di funzionamento di un Museo di Arte Contemporanea
Il XXI secolo presenta alcune novità molto importanti.
Oggi l’arte contemporanea sembra non procedere più in una direzione ma in tante direzioni (tutte?); essa non si confronta con la storia e la realtà esterna e si alimenta di se stessa, in quanto realtà oggettiva, produttrice di un sapere tautologico; come la Scienza o la Metafisica.
Essa sembra non seguire una logica evolutiva, ma una strategia di espansione caotica, multiforme, spesso contraddittoria.
L’Arte quindi non è più riconducibile a un ordinamento museale tradizionale, ma a un processo esplorativo che ha un andamento labirintico, anche oscuro; dove il vero materiale in mostra non è soltanto l’Arte, ma anche l’Artista e la sua energia vitale, creativa e conoscitiva.
Essa non trasmette più esperienze visive, ma piuttosto esperienze esistenziali, concettuali, sensoriali o spirituali, attraverso istallazioni che hanno spesso un rapporto integrato con lo spazio che le accoglie.
Essa non affronta più teoremi estetici, ma afferma la propria esistenza come una realtà auto-referenziale, come una nuova religione naturale rivelata non dall’alto dei cieli, ma dal basso, dalla fisiologia umana, dall’energia vitale dei corpi e dei cervelli, elaborando dogmi che non possono essere giudicati ma soltanto conosciuti come testimonianze misteriche.
Il Museo di Arte contemporanea dunque non è più costituito da un insieme di opere esposte ma diventa un luogo esperienziale; non identificato da un persorso lineare e specializzato, ma da un dispositivo spaziale aperto, attraversabile, esplorabile.
Come un Bosco d’Arte esso si sviluppa sul territorio urbano senza un perimetro definito, seguendo uno sviluppo espansivo (verticale e orizzontale) discontinuo, dove l’incontro del visitatore con l’Opera avviene secondo percorsi individuali, accidentali e non programmati.
Il nostro progetto dunque si inoltra nella frontiera di ricerca di una architettura non figurativa , fuori dalla tradizione compositiva dell’architettura, elaborando strutture discontinue, a basso livello di identità tipologica, attraversate da flussi di servizi.
Una architettura debole e diffusa, che cerca di superare i limiti fisici dell’edificio per diventare una forma di gestione del territorio urbano circostante.
Una piazza pubblica
Il progetto vuole sperimentare la possibilità di fondere le attività del Nuovo Museo con quelle della vita della città. La struttura del museo è concepita come un dispositivo territoriale di organizzazione dello spazio urbano. Una selva di pilastri invade il vuoto urbano, sovrapponendosi alle sue preesistenze e identificando uno spazio pubblico coperto da un grande tetto trasparente. La pineta artificiale costella il piano lievemente inclinato che unisce Koroška Street con il corso del fiume Drava e conforma uno spazio pubblico di 10.000 mq come un grande spalto di teatro che ospita la vita di tutti i giorni, e al tempo stesso un museo da esplorare.
Sono presenti a questa quota del progetto tutte le funzioni più pubbliche del museo, come il caffe, i negozi, il bookshop, il ristorante, un punto informazioni, e gli accessi alle due hall verdi di ingresso. Tre isole gradonate creano degli spazi piani sulla superficie inclinata. Alcun “pini” sono stati concepiti come accessibili al pubblico e utilizzabili come terrazze o come punti per eventi o per esposizioni libere.
Parte delle funzioni del New Maribor Art Gallery vengono poste in parte sotto il suolo inclinato della piazza e in parte sulle chiome a differenti altezze della pineta che emergono dal suolo.
Una struttura ipogea
Lo spazio interrato è organizzato per aree funzionali, il suo impianto riprende l'organizzazione di una città, zone funzionali connesse da un reticolo connettivo, un cardo e un decumano. Una sezione archeologica di una città sommersa dalla stratificazione del tempo. Il fulcro del museo è costituito dai due grandi patii vetrati, uniti da un corridoio sotterraneo, che costituiscono i punti di accesso alla struttura museale ipogea. Sono stati concepiti come due grandi hall vetrate microclimatizzate, con all'interno dei giardini naturali.
Da questi due spazi è possibile accedere a tutte le funzioni del museo. Dal patio posizionato a Nord della piazza si può accedere alla galleria permanente, alla sala conferenze, al museo dei bambini, alla libreria e all'archivio, agli uffici amministrativi, agli spazi del guardaroba e ai servizi, mentre dalla corte a Sud si può accedere al creative industry centre, all'architectural centre, agli educational workshop, ai parcheggi sotterranei e ai servizi. Ogni attività correlata ha accessi separati in modo da garantire un funzionamento indipendente dall'apertura effettiva del museo.
Un percorso unisce le due hall microclimatizzate attraverso un sistema di rampe e tapis roulant, per connettere le due diverse quote. Una passeggiata ipogea per osservare opere d'arte e istallazioni site specific. I due giardini e il corridoio di unione sono la parte più pubblica del museo stesso, un dispositivo connettivo che permette una libera circolazione tra le varie funzioni dell'intera struttura.
Un secondo elemento di connessione è la strada sotterranea di accesso ai garage grazie ad una rampa di ingresso posta sul lato Ovest della piazza. Questa strada garantisce anche l'accesso per il carico e scarico delle opere d'arte, un ingresso diretto ai depositi e ai magazzini, e una connessione diretta ai parcheggi del mercato posti nella zona ad Est.
Il percorso pedonale interno intercetta quello carrabile, mostrando al pubblico il funzionamento interno della macchina museale. Oltre alle due serre verticali, due patii verdi permettono di illuminare gli spazi del sottosuolo e mettere in comunicazione la piazza con il museo.
Una serie di scale emergenza buca la superficie liscia della piazza, garantendo le necessarie vie di fuga degli spazi sottostanti.
Un bosco d'arte
Dalle due hall verdi, attraverso degli elevatori, si accede agli spazi delle esposizioni temporanee, che si sviluppano verticalmente nelle due serre microclimatizzate.
I sistemi di movimento verticale sono costituiti da piattaforme circolari che scorrono lungo gli steli dei pilastri che sostengono la copertura, tanto per le persone che per le opere d'arte da esporre.
Gli ascensori permettono di muoversi liberamente tra le piattaforme poste a differenti livelli. Un arcipelago di spazi espositivi immersi nel vuoto delle serre vetrate costituisce la parte del museo da esplorare secondo percorsi inaspettati. Una serie di “pini” esterni alle hall verdi permette in alcuni punti, come delle terrazze esterne, di uscire dallo spazio interno per affacciarsi nella piazza pubblica. In questo modo la vita del museo invade lo spazio pubblico della città.
Un sistema di scale di emergenza scorre lungo le vetrate curve, garantendo la via di fuga dai vari livelli della pineta.
Una pineta ecologica
Le chiome della pineta sono state concepite come dispositivi per il contenimento energetico e lo sfruttamento di risorse rinnovabili. Alcune chiome sono di supporto a pannelli fotovoltaici mentre altre conformate a imbuto costituiscono il sistema di raccolta delle acque meteoriche utilizzabili per l'irrigazione delle hall verdi. Alcuni pini sono strutturati come camini di ventilazione naturale degli spazi ipogei mentre altri si conformano come lightpipes per il daylighting puntale degli spazi sotterranei. Tutto il progetto aspira alla costituzione di un microclima controllato naturalmente. La stessa scelta di una struttura ipogea vuole difatti sfruttare la maggiore stabilità del clima sotterraneo, favorendo della enorme massa termica del terreno.