Mediateca civica
Progetto: Italo Rota con Stefano Barozzi, Fabio Fornasari, Stefano Marzadori, Alessandro Pedretti
Anzola d’Emilia è, come altri comuni di questa Italia contemporanea, un comune ricco che vive nella cintura di una città non ancora metropoli, Bologna, ma che di quella ha tutti i problemi caratteristici: servizi pubblici sempre al di sotto delle necessità, popolazione mista che cerca strategie di integrazione, mobilità, sicurezza, e la ricerca di una nuova identità che possa rappresentare la complessità crescente.
In particolare sono proprio i comuni di questa cintura che cercano una propria identità definita rispetto al capoluogo.
Anzola dell’Emilia, negli anni settanta, abbandona la sua specializzazione agricola grazie all’insediamento di alcuni stabilimenti legati all’industria alimentare dolciaria lungo l’asse vitale di tutta la regione Emilia Romagna: la Via Emila.
Inoltre è oggetto di nuovi insediamenti abitativi, quartieri PEEP, che la pongono come valida alternativa residenziale a Bologna: un paesaggio tranquillo non distante dai primi rilievi dell’Appennino tosco-emiliano.
Negli anni novanta, arrivato il benessere grazie ad una popolazione che non conosce la disoccupazione, l’amministrazione comunale disegna una strategia per dotare il comune di servizi avanzati e nello stesso tempo di disegnare un centro storico, un’immagine propria nella quale riconoscersi, partendo da due edifici simbolici: la “casa gialla”, un edificio funzionale alla vita della campagna e la scuola Edmondo de Amicis, la tipica istituzione scolastica statale di inizio secolo ‘900: una grande fabbrica regolare dagli ampi spazi con lunghe teorie di finestre tutte uguali.
E’ all’interno di questo edificio che si colloca la mediateca di Anzola dell’Emilia, che risponde
all’idea dell’amministrazione, che bandirà un concorso nazionale di architettura, di farne una casa per la cultura, una casa per la solidarietà e il luogo del confronto sociale e politico.
Il progetto raccoglie le premesse dell’amministrazione interpretandole in una strategia che dialoga con la storia dell’edificio. Gli spazi storici della scuola, testimonianza di certa pedagogia italiana, sono già, al primo impatto, particolari: dilatati nelle dimensioni, fuori scala, mettono fuori scala l’adulto che vi si addentra. Gli ricordano il loro essere stati scolari.
A questa idea dello spazio impositiva, pedagogica, il progetto affianca un sistema più fluido e allo stesso tempo plastico dai confini incerti. Un grande volume assemblato per sommatoria di situazioni, che si guardano tra loro, che si osservano e si fondono mentre si riflettono nelle grandi specchiature in vetro. La visione intera, dal giardino, di questa nuova ala rimette insieme le differenti situazioni (i salottini per la lettura, i banchi per la consultazione, gli angoli per l’ascolto musicale, l’angolo gioco dei bambini), come singoli tasselli della vita tenuti insieme in una immagine cromatica dell’esperienza. La luce e il colore sono il tema di fondo di questo spazio e sono la vera materia della quale lo spazio si compone. Ciò che unisce e separa, l’architettura, è costituito dalle pellicole in cristallo che permettono di vedere, di vedersi e di essere visti una composizione unica, sintetica. Ogni singolo spazio, ogni situazione, della biblioteca si compone dell’elemento sensibile e visibile. Il primo è quello che ci accomoda nel percorrere e nell’uso dello spazio, il secondo è quello che ci fa sentire parte di un’unione.
Testo di Fabio Fornasari.