Qualche volta penso che il magma urbano risale verso l’Etna e poi riscende informe. La sapienza dei contadini ha permesso di costruire una topologia, fatta di terrazze di pietra, mentre l’uomo “erectus” costruisce capanne esotiche. Lo spazio agricolo possiede una struttura urbana fatta di muri a secco, come archeologia di una città scomparsa. Muri nati dalla terra. Magma prezioso dell’Etna. L’azione consiste nello scavare la terra e ricostruire un muro che contenga l’abitare. Orientamento, misura e funzione della fabbrica. Delicato processo compositivo che si declina negli appunti di un cafè, nelle scoperte di visuali inattese tra vigne ormai spente. La caverna che appare tra i rami. Una torre nascosta che conquista la valle annullando i confini. Luogo per vacanze brevi. discreto, istintuale come un “terzo paesaggio”. Dentro un frammento si custodisce l’universo. La parete tecnologica contiene tutte le funzioni di servizio. Lo spazio esterno è estensione di quello interno. la materia incontra la materia. Puntualmente, diffusamente, sensualmente. L’acqua dal cielo è raccolta dentro il muro di pietra. Il volume che nasce dalla terra accoglie una piazza segreta. Roccia informe e pietra squadrata compongono il recinto. Bucato e protetto da uno scudo di ferro infuocato. Dettagli pensati sull’erba.
Costruire il paesaggio. Un racconto breve. Una porzione di terra su cui realizzare un sogno. Appartenere alla montagna e da qui osservare fino al mare. Il luogo suggerisce le modalità del progetto. Pian piano, tracciando
sulla terra, palmo a palmo. Misurando con passi e sguardi. Fino a orientare verso il sole un muro che diventa muro abitato. Bucato tre volte con l’aria dentro che soffia. Torre modesta che appartiene alla natura con orgoglio. Si muove tra terrazze e diventa piazza soprana e sottana. Mistero di pietra. Attraverso la composizione di elementi semplici:pietra, acciaio, legno, mattone, vetro si compone un volume puro che straripa dalla terra e costruisce un limite. Un varco nascosto preannuncia la scala. Luce e sottrazione di materia, porta alla terrazza soprana. Scoperta improvvisa di un nuovo paesaggio. Dall’intima ruralità del luogo al controllo di un più vasto territorio dove non è più possibile definire i confini. Incontro di forme, di funzioni, di relazioni. Misura garbata dell’abitare etneo. Una riflessione su come costruire “paesaggio” sull’Etna. Il recinto diventa il preludio all’incontro inatteso. Un muro bucato ma possente. Prima come istintivo, irregolare, scomposto, quasi trovato. Poi la misura, l’intenzione, la forza della fondazione e infine ferro rovente. Dietro qualcosa può succedere: ma cosa? Un campo. una città. Come? Si costruiscono capanne esotiche. Questa fabbrica è dentro la montagna, gli appartiene. Esiste da sempre e manifesta la sua contemporanietà. Nuovo paradigma etneo. Le mura, la porta, la torre. Sono le tracce del progetto. Disegnato sui luoghi. Attraverso un processo “fondativo”. Topologicamente come Markus Wespi e Jèrôme de Meuron. Minimo l’interesse per la rappresentatività. Le mura a proteggere l’intimità della spazio. Recinto di pietra squadrata che offre ingenuamente le sue contraddizioni costruttive. La porta come forgiata da un dio. Efeso. Artefatto metallico. Segno della modernità. La torre. Nascosta dalla natura. Parte della stessa. Delicata estensione geometrica del terrazzamento agricolo. Ipogeo discreto, come podio, come altare rupestre. Orgogliosa presenza dell’uomo.
L’esperienza offre l’opportunità di contemplare poeticamente questo frammento di paesaggio etneo; laboratorio sperimentale sull’abitare in quel luogo magico che è l’Etna; credo un diverso modo di “costruire” il paesaggio.