Recupero del cimitero storico di Timau (Ud)
Le mura per chi guarda dal basso sembrano altissime, severe, di fattezza marziale, ormai divenute parte integrante del paesaggio come lo sono i banchi di roccia che affiorano dalla terra.
L’ accesso è una rampa erbosa che sale dolcemente. I piedi calpestano l’erba, non l’asfalto o la pietra.Un gruppo di alberi è cresciuto ai limiti del piccolo tornante a seguito del quale si scorge la porta d’ingresso.
Varcata la soglia, le severe mura che abbiamo percepito fuori diventano piccole e stabiliscono un ordine nuovo una diversa relazione nei confronti del paesaggio. Sono rotte,
crollate per la forza delle intemperie. In mezzo al cimitero la cappella mortuoria, nucleo centrale del campo santo rovina di cui si legge il disegno timido e degno. Piccoli cippi funerari, foto antiche che racchiudono immagini di uomini in posa, tumuli che generano sul terreno piano dolci ondulazioni riportano all’idea che la terra conservi ancora le mortali spoglie rappresentandone l’ultima impronta. La rappresentazione della morte è immagine della concezione del mondo di chi la produce per questo motivo diventa per noi essenziale salvare questo patrimonio culturale. Ci è stato chiesto di porre fine all’abbandono, di ricostruire ciò che è distrutto e innestare nuove funzioni.
Il lungo periodo di abbandono fa parte della storia di questo manufatto, cancellarne la traccia significherebbe forse negarne la storia. Si è cercato allora di essere attenti a non modificare troppo, di essere discreti, affinché siano ancora i vecchi muri, le vecchie lapidi scolpite a mano, il ferro forgiato a raccontare la storia.
L’ intervento riorganizza i percorsi attraverso un nuovo ingresso, l’ossario ipogeo, la cappellina di preghiera ed il muro vegetale a sostituzione della porzione di muro abbattuto
alcuni anni fa da una slavina. I nuovi materiali si sovrappongono agli esistenti mantenendo
da essi una distanza fisica che permetta di far leggere le aggiunte. Questo è un luogo dove la materia si consuma. Lo fanno anche i materiali del nostro intervento, che non sono trattati, lasciando che il tempo ne modifichi la struttura sì che tutto si confonda fino a portare l’ oservatore a perdere la percezione di quel che è lì da tempo e ciò che completa il programma richiesto.