Museo del Novecento
Arengario in Piazza del Duomo
“When attitude became form”
Premessa “Il palazzo dell’Arengario occupa attualmente la parte “oscura” della Piazza del Duomo.
Edificio sofisticato, dal passato travagliato e sostanzialmente mai finito, non ha ancora trovato una precisa funzione all’interno del meccanismo della piazza. Il grande salone voltato a piano terreno, pensato in origine come spazio pubblico, è occupato in modo esclusivo e poco fruibile: relegando il porticato e il collegamento verso piazzetta reale nonchè gli ingressi al Palazzo a mero spazio di transito.
La scala monumentale, la terrazza e lo splendido balcone coperto sono sempre stati meta per pochi e la vista che offre sullo spazio di Piazza Duomo é una visione sconosciuta sia ai milanesi che ai turisti.
Il corpo affacciato sul cortile interno e sulla facciata quattrocentesca di Palazzo Reale destinato a spazi di servizio e magazzino e ai collegamenti verticali è completamente fatiscente e snatura, in modo irrimediabile, il fronte storico e il paramento a bifore della Sala delle Cariatidi.
Il progetto di recupero e trasformazione del palazzo in Museo del Novecento, destinato ad ospitare le collezioni d’arte del Comune di Milano dal 1900 al 1975 circa, segue l’individuazione, da parte del Comune, nell’edificio dell’Arengario dello spazio migliore per allestire un vero Museo delle Arti del secolo XX. In particolare l’intento è quello di trovare una collocazione definitiva alle collezioni civiche che, esposte dal 1984 al 1999 nella sede provvisoria al secondo piano di Palazzo Reale, comprendono oltre tremila opere che documentano – anche attraverso autentici capolavori – i percorsi principali della storia dell’arte italiana dall’inizio del secolo scorso fino ai primi anni ottanta dello stesso: dal Futurismo alla Metafisica, al Novecento, alla Scuola Romana, a Corrente, all’Informale, fino all’Arte Povera e alla Transavanguardia.
Al tempo stesso vengono posti gli obiettivi fondamentali da raggiungere nel recupero del complesso monumentale: - organizzare all’interno del contenitore storico un sistema distributivo e museale semplice e lineare, che permetta di ottimizzare l’utilizzo degli spazi a disposizione; - restituire un’immagine forte e al tempo stesso “attraente” all’edificio e alla nuova istituzione, così da trasformarlo in uno dei luoghi privilegiati della cultura a Milano; - risanare l’edificio in tutte quelle parti particolarmente fatiscenti e non più consone alla nuova funzione museale puntando nel contempo a restituire dignità al cortile interstiziale affacciato sul fronte quattrocentesco di Palazzo Reale.
L’Arengario costruito tra la fine degli anni trenta e gli anni della guerra, su progetto degli architetti Portaluppi, Muzio, Magistretti e Griffini, e decorato in facciata con gli altorilievi di Arturo Martini, è individuato come sede di interesse architettonico, significativa e coerente con la destinazione a museo del XX secolo. Vincitore del concorso del 1937, il progetto per l’attuale Arengario concludeva il processo di rinnovamento urbanistico del centro di Milano, avviato già all’indomani dell’Unità d’Italia, impostato dal progetto generale dell’architetto Mengoni che aveva impresso un carattere monumentale all’area attorno al Duomo.
L’Arengario venne costruito dopo la demolizione della Manica Lunga di Palazzo Reale completando l’intervento di realizzazione della nuova piazza Diaz, al termine di un lungo lavoro di sintesi e affinamento di differenti ipotesi scaturite dai successivi concorsi banditi dalla Città di Milano per risolvere un nodo di Piazza del Duomo che appariva destinato a non trovare soluzione. La storia dell’edificio prosegue però in modo sfortunato.
Non ancora portato a termine in maniera definitiva subisce gli effetti dei bombardamenti che colpiscono la confinante Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, e non viene mai ufficialmente inaugurato per la sua destinazione originaria sempre a seguito dei continui bombardamenti del 1942. Finita la seconda guerra mondiale, fin da subito l’edificio si pone come problematico soprattutto per il carico di immagine del passato regime fascista di cui è monumento emblematico.
Del 1947 è la demolizione dell’arengo vero e proprio e degli anni immediatamente successivi sono i lavori di trasformazione interna degli ambienti originali dell’edificio destinato dalla metà degli anni cinquanta a sede milanese dell’Ente Nazionale del Turismo e di altri servizi civici. Tali interventi oltre alla trasformazione funzionale degli spazi, incidono notevolmente sulla struttura originaria e sembrano tutti mirati a sminuire il carattere generale dell’edificio: superfetazioni, chiusure e trasformazione dei sistemi di circolazione che se portano ad un considerevole aumento delle superfici utilizzabili, compromettono al tempo l’immagine monumentale dell’insieme e ne impediscono un vero e proprio uso pubblico e di rappresentanza, destinazione per la quale il complesso era stato progettato.
Il grande spazio voltato a piano terreno viene chiuso da impennate di vetro e soppalcato con la creazione di due mezzanini sovrapposti; i grandi ambienti del primo e del secondo piano vengono anch’essi dimezzati in altezza con la creazione di tre nuovi livelli di superficie utile. L’edificio viene sostanzialmente chiuso all’utilizzo pubblico e reso difficilmente accessibile, eccezion fatta per lo spazio della Sala delle Colonne della quale viene mantenuta la funzione espositiva propria.”
_Testo di Italo Rota, Emmanuele Auxilia, Fabio Fornasari, Paolo Montanari _