L'apertura al pubblico dell'industria più importante della città, sia per la tipologia della produzione che per il significato simbolico di questa fabbrica nella memoria collettiva, si scontra immediatamente con le esigenze funzionali e di sicurezza di un luogo di lavoro ancora operativo che non può essere visitato nell'intero perimetro. Il problema maggiore si è trasformato nel punto di forza del progetto e nel cuore simbolico dell'operazione: la contrapposizione di un muro morbido e bianco, una sorta di garza (l'intero impianto è a rischio demolizione), al recinto duro e impenetrabile che ha conferito fascino al luogo per oltre un secolo. L'utilizzo di oggetti industriali trovati sul posto disposti a formare aree di sosta è stato affiancato dall'uso di container come luoghi di proiezione di filmati e da podi grazie ai quali travalicare i confini visivi e illustrare i momenti storici e simbolici di relazione tra la fabbrica e i luoghi che la circondano (ferrovia, aeroporto, centro storico) a sottolineare l'unicità che le Reggiane hanno rappresentato per Reggio Emilia.